Le madri surrogate e i bambini nati con l’utero in affitto che non possono lasciare l’Ucraina

Nel dramma della guerra si cela un altro dramma: quello delle madri surrogate costrette a portare a termine la gravidanza, e dei bambini nati con l’utero in affitto accuditi nei bunker in attesa di chi li ha “ordinati”

Da quando è scoppiata la guerra, sul versante profughi c’è grande attenzione, giustamente, verso i minori, considerati i più vulnerabili in questo scenario e, per questo, i primi da dover difendere. Tutto giusto e sacrosanto, ma nel caos generato da un conflitto di questo tipo si nasconde anche un altro dramma, numericamente più limitato ma eccezionalmente più complicato, per come da sempre si muove tra il detto e il non detto, tra il legale e l’illegale. Parliamo della maternità surrogata, una pratica consentita in Ucraina che, da anni, ne è il Paese di riferimento. Si parla di 2.500 – 3.000 bambini che ogni anno nascono da donne “per conto” di altre coppie.

Madri surrogate che non possono scappare dalla guerra

Allo scoppio della guerra si è manifestato il problema di come mettere in salvo queste donne: farle scappare non è possibile, perché nei Paesi limitrofi come Moldova e Polonia l’utero in affitto non è legale e, se le donne dovessero partorire lì, il figlio sarebbe loro e non potrebbero certo più “darlo” ad altri con facilità. Oltre al fatto che le donne sono spesso madri di famiglia e non vogliono abbandonare il Paese e i propri cari, o, addirittura, si pongono il dilemma su come poter difendere il proprio Paese senza mettere a rischio la vita del bambino che portano in grembo. Ed è proprio qui che il discorso si complica (ma già era il nodo principale prima della guerra): qual è, infatti, il limite tra il diritto all’autonomia del proprio corpo delle madri che aspettano un bambino “per altri” e quello dei “genitori” che quel bambino hanno “richiesto” e, anche giustamente, magari sentono già loro?
Sul piano pratico, le agenzia si sono organizzate per proteggere le donna portandole in aree più sicure del Paese, anche se rimane il problema di come, una volta che i bambini sono nati, questi vengono subito portati via (come da contratto), ma non possano evidentemente essere “consegnati” alle coppie richiedenti, che non riescono a entrare nel Paese.
Da qualche giorno la situazione è emersa su diversi giornali grazie a delle inchieste giornalistiche di New York Times e The Atlantic, in particolare. È molto circolato anche un video che mostra un bunker allestito nei pressi di Kiev dalla BiotexCom, la principale agenzia di maternità surrogata, in cui decine di bambini appena nati vengono accuditi dalle tate, mentre il loro futuro rimane incerto.

Questi bambini nati con l’utero in affitto “di chi sono”?

Secondo le ricostruzioni giornalistiche, le coppie “richiedenti” hanno chiesto aiuto ai rispettivi governi, che stanno cercando di muoversi sul filo della legge e, soprattutto, della sicurezza, in una situazione oggettivamente non facile, in cui risulta complicato anche capire chi siano i tutori legali di questi bambini e come fare, e ottenere, i loro certificati di nascita.
Così, mentre un flusso ininterrotto di profughi scappa dall’Ucraina in guerra, diverse donne sono costrette a restare, partorire un figlio che non vedranno mai e che è destinato a vivere in un bunker fino a che dei genitori venuti da chissà dove, se mai arriveranno, potranno riconoscerli e portarli in salvo. Un dramma nel dramma che lascia senza parole.
“Ovviamente – dice Marco Griffini. presidente e fondatore di Ai.Bi. Amici dei Bambini – noi tifiamo per questi bambini perché non restino abbandonati. Quindi, invitiamo il governo ucraino, pur nel dramma, di affidarli a qualche istituito perché vengano al più presto adottati, anche durante la guerra (sono molte, là, le famiglie ucraine che potrebbero farlo anche in questo momento), mentre, qui, si potrebbero aiutare con la solidarietà internazionale. Ai.Bi. è già da ora disponibile a sostenere l’adozione di questi bambini da parte di famiglie ucraine. E speriamo che questo dramma serva di lezione e che ci sia finalmente la messa al bando dell ‘utero in affitto in tutti i paesi del mondo”.