Marisa Nicchi (SEL): “Per rimettere in funzione la CAI, le adozioni internazionali dovrebbero essere di competenza del ministero Affari Esteri”.

nicchiEnnesimo atto parlamentare sulle inefficienze organizzative, correttezza e trasparenza della CAI (Commissione adozioni internazionali): con questo a firma di Marisa Nicchi (Sinistra Ecologia e Libertà) sono 29 tra interpellanze e interrogazioni presentate ad oggi coinvolgendo ben 216 parlamentari firmatari.

Nicchi nell’interrogazione a risposta scritta al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro degli Esteri, chiede al Governo di verificare il funzionamento della CAI e si domanda “se in un contesto di geopolitica in perenne mutamento – si legge nell’atto parlamentare – non sarebbe meglio se le adozioni fossero materia anche di dicasteri forti come quello degli Esteri”.

Nicchi, richiamando l’8° Rapporto di monitoraggio del Gruppo CRC (Children’s Rights Convention) che mette in evidenza quanto “l’adozione internazionale in Italia sia un concentrato di problemi che sta facendo drammaticamente appassire quello che, fino a qualche anno fa, era il fiore all’occhiello del nostro Paese”, sostiene che “le cause sono molteplici, fra queste anche le disfunzioni della principale istituzione del settore: la CAI (Commissione Adozioni Internazionali)”.

E’ proprio alla luce delle diverse irregolarità e disfunzioni del modus operandi della Commissione, che la parlamentare di Sel chiede, quindi, al Governo non solo di intervenire e di verificare ma anche e soprattutto di affidare le adozioni internazionali al Ministero degli Esteri.

Di seguito il testo integrale dell’interrogazione

Interrogazione a risposta scritta

Al Presidente del Consiglio dei Ministri

Al Ministro degli Esteri

Per sapere, premesso che:

l’8° Rapporto di monitoraggio del Gruppo CRC (Child Rights Connect), che comprende 90 associazioni che operano per la tutela dell’infanzia, presentato nel giugno 2015   u.s. alla presenza del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali ha richiamato l’attenzione sull’organizzazione delle adozioni internazionali, sostenendo che “ l’adozione internazionale in Italia è un concentrato di problemi che sta facendo drammaticamente appassire quello che, fino a qualche anno fa, era il fiore all’occhiello del nostro Paese”;

dal Rapporto si evince che le cause sono molteplici, fra queste anche le disfunzione della principale istituzione del settore: la CAI (Commissione Adozioni Internazionali);

la nuova Commissione   si è insediata nel 2014,   ma si è riunita una sola volta, nel giugno 2014;

nonostante che il regolamento della stessa CAI, preveda che le verifiche siano “effettuate a campione in modo che tutti gli enti siano controllati nell’arco di un biennio o sulla base di segnalazioni”. E che è necessario, quindi, si legge nel Rapporto, “estendere tali controlli, in modo da effettuarli sistematicamente su tutti gli enti e non solo in seguito a segnalazione”, in particolare “sulle spese e sulle transazioni finanziarie, in attuazione delle Raccomandazioni del Comitato Onu e alla luce dei documenti recentemente elaborati sul tema dalla Conferenza dell’Aja di diritto internazionale privato”;

la crisi dell’adozione internazionale è testimoniata anche dalle statistiche, disponibili però solo fino al 2013, perché, come ricorda il Rapporto, “i dati italiani 2014 non sono stati ancora pubblicati dalla CAI, in ritardo rispetto agli anni precedenti”. Quel che è certo è che si registra “un ulteriore calo del numero delle disponibilità all’adozione internazionale proporzionale alla diminuzione numerica delle coppie dichiarate idonee”. Le cause sono numerose e tra queste ci sono di sicuro “i tempi lunghi e incerti della procedura adottiva e gli alti costi dell’adozione internazionale” : il tempo medio che le coppie impiegano dalla disponibilità presentata in tribunale all’autorizzazione all’ingresso dei minori in Italia è , secondo l’ultimo rapporto della CAI, di 3,3 anni, con punte massime di 5,5 per coloro che adottano bambini dalla Lituania e punte minime di 2,8 anni per la Federazione Russa e l’Ungheria. Più che le tempistiche, scoraggia l’incertezza, il non sapere entro quando arriverà il futuro figlio e in questo quadro di ritardi, lungaggini, strettoie, si inseriscono sia le burocrazie estere, che per ovvie ragioni non sono direttamente controllabili dalla CAI, sia le attese per l’espletamento delle pratiche italiane (Inchieste di Repubblica 2.03.2015);

il Rapporto del Gruppo CRC sottolinea inoltre che “ultimamente non vi è neanche più certezza dei rimborsi previsti per le spese di adozione realizzate”. L’ultimo finanziamento del Fondo Adozioni Internazionali,“sta permettendo di rimborsare le spese solo alle famiglie che hanno adottato fino al 2011, senza garanzia dell’esaurimento della lista cronologica” mentre quelle che hanno adottato successivamente non usufruiscono più di questa misura che non è stata refinanziata. Le spese sostenute possono essere dedotte dalla denuncia dei redditi, ma solo nella misura massima del 50 per cento:-

Si chiede al Governo di verificare il funzionamento della CAI in relazione alle presunte inefficiente organizzative, alla correttezza, alla trasparenza ed alla efficienza della sua azione, ci si domanda se in un contesto di geopolitica in perenne mutamento non sarebbe meglio se le adozioni fossero materia anche di dicasteri forti come quello degli Esteri.

Marisa Nicchi