Marocco, i bambini strappati dalle famiglie di Melilla

Il reportage esclusivo del giornale marocchino “Tel quel”:

Melilla è una città autonoma spagnola situata a nord del Marocco. Porto franco sin dal XIX secolo, è delimitata da una frontiera marcata da una tenda di ferro alta diversi metri e sovrastata da filo spinato, frutto da una parte dei tentativi continui di passaggio di clandestini provenienti dai paesi maghrebini e dell’Africa nera, che sperando di raggiungere l’Unione Europea. D’altra parte questa porta spagnola viene utilizzata per introdurre in Europa i prodotti derivati di cannabis e ultimamente anche di cocaina sudamericana che transita nei grandi porti marocchini, in particolare quello di Casablanca.

Questa frontiera è difficile da controllare, a seguito di un accordo ispano-marocchino risalente al Protettorato spagnolo del 1912 che autorizza gli abitanti della provincia di Nador (territorio marocchino in cui rientra l’enclave) ad attraversarla in presenza del solo passaporto e senza visto. All’inverso, gli abitanti di Melilla possono recarsi nella provincia alle stesse condizioni, ossia con la sola carta d’identità spagnola. Questo ha provocato negli anni un massiccio ingresso di marocchini, donne e uomini, adulti e bambini.

« Esistono famiglie installate a volte da tre generazioni, sempre senza permesso di soggiorno, ed anche gente senza alcun documento, apolidi di fatto”, come dichiara Emilio Guerra, coordinatore del partito Unione Progresso e Democrazia. Quest’uomo politico ritiene che tutti questi drammi umani siano soprattutto il risultato dell’atroce volontà politica di Melilla di raggirare le leggi spagnole: “Le zone franche costituiscono un primo muro di disputa contro l’immigrazione. L’idea è che non occorre garantire il benessere dei marocchini già installati, per non stimolare l’arrivo di nuovi immigranti. Guerra ricorda che le regolarizzazioni massicce degli anni ‘90 sono state fatte in fretta, con molta corruzione, lasciando molte famiglie sul lastrico. L’epoca attuale non è favorevole all’integrazione dei marocchini “al censimento„. E le naturalizzazioni da parte del tribunale dei contenziosi amministrativi, che prendono molto tempo e denaro, sono poco accessibili a famiglie povere ed illetterate. In teoria, un bambino nato a Melilia di genitori anche nati a Melilia è spagnolo d’origine, cosa che gli darebbe la possibilità di essere naturalizzato. Ma in occasione della registrazione della nascita, molto spesso il dipendente del registro civile dimentica volontariamente di iscrivere il luogo di nascita dei genitori, approfittando della loro ignoranza dei diritti. È quello non è che uno solo dei “trucchi” legali con i quali l’amministrazione, giocando sull’ignoranza della gente, ritarda il processo d’integrazione.

Tutto ciò impedisce alle famiglie marocchine di assicurare ai loro bambini la scolarizzazione. Sono più di cento i bambini non scolarizzati di Melilla e che vengono solo in parte assorbiti dallo stabilimento marocchino “Residencia”, una scuola finanziata dallo Stato marocchino ma non convenzionata con la Spagna. Molti di loro prendono pure lo zaino la mattina e fanno finta di andare a scuola… quelli che invece ci vanno si dividono tra quelli che frequentano la scuola spagnola e coloro che, in mancanza di altro, vanno alla Residencia.

“Residencia è una fabbrica del fallimento della scuola”, denuncia Abderrahman Benyahya, portavoce della Commissione islamica di Melilla. A causa dei corsi in lingua spagnola, il livello di Arabo è insufficiente per proseguire gli studi in Marocco. D’altra parte, gli studenti della maturità non hanno quasi alcuna possibilità di attuare con successo la selectividad (l’esame d’ingresso al sistema universitario spagnolo, per gli studenti stranieri), poiché il programma è troppo diverso da quello della Spagna.

Gli stessi genitori degli allievi citano lo stabilimento marocchino come il peggiore, evocando classi sovraccariche e l’assenteismo dei professori. Ma il suo più grande difetto é l’assenza di una convenzione firmata con il Ministero dell’Istruzione spagnolo. Solo i programmi della scuola primaria vengono approvati: il brevetto e il diploma del Residencia restano per la Spagna dei diplomi stranieri. Di colpo, gli studenti della maturità del Residencia non hanno più vantaggi degli allievi del Marocco per studiare a Melilla o nella penisola..

Ci sono diverse associazioni umanitarie che reclamano da tempo l’ingresso di tutti i giovani marocchini nel sistema educativo pubblico, indipendentemente dalla loro situazione amministrativa, nel rispetto della dichiarazione universale dei diritti del bambino.

Nel 2003, i militanti di ProDeIn (associazione per la protezione dell’infanzia) hanno manifestato all’uscita delle scuole. Nel 2005, hanno organizzato una classe nella piazza centrale della città. Le due campagne hanno avuto come risultato l’iscrizione a scuola di centinaia di bambini. Solo che ogni volta, la buona volontà non è durata più di un anno.

Poi per quelli che arrivavano alla fine della scuola primaria, l’amministrazione ha imposto l’iscrizione al censimento, cosa che non può avvenire se non si ha il permesso di soggiorno, impedendogli dunque di iscriversi alla secondaria. Questo “censimento” è stato un nuovo modo per raggirare le leggi di protezione dei minori.

Nella penisola iberica qualsiasi bambino – con o senza documenti, nato lì o non – è scolarizzato e preso in carico dal punto di vista sanitario. Ma a Melilla, anche se il bambino è nato nell’enclave, l’amministrazione richiede il censimento per poter proseguire poi con tutti i passi. Il dato certo è che tra le due a tre cento famiglie marocchine vivono a Melilla senza essere registrate, secondo le cifre della Commissione islamica di città.

Per le famiglie marocchine che non hanno le carte in regola, Residencia è l’ultima speranza per poter mandare a scuola i propri bambini. Tuttavia, nulla è fatto per facilitare loro le cose.

 Scandalo. Adozioni forzate ?

 L’associazione ProDeIn ha denunciato diversi abusi di potere del Ministero del Benessere Sociale di Melilla verso alcune madri senza permesso di soggiorno. Ha particolarmente difeso Saâdia, una madre nubile marocchina con problemi sociali, che vive a Melilla sin da piccola. Dopo un’inchiesta dei servizi sociali, sulla base del suo problema di linguaggio (considerato come il segno di una deficienza mentale), si è vista strappare la sua bambina. Un figlio nato successivamente le è stato pure allontanato subito dopo il parto. Durante diversi anni, Saâdia li ha visitati ogni giorno nel Centro “La Goccia di Latte”. Un bel giorno, uno dopo l’altro, sono spariti: adottati nella penisola, le dicono. “Più di una madre vive con la paura di non poter far uscire i propri bambini, prima che essi siano partiti in adozione, spiega José Palazon, presidente di ProDeIn. Ma, per farli uscire,devono dare prova di una stabilità familiare che gli risulta impossibile da costruire, dato che non viene loro accordato il permesso di soggiorno”. Nel 2008 il terzo figlio di Saâdia le è stato tolto alla nascita. Ma questa volta ProDeIn lo previsto in tempo e provocato uno scandalo mediatico. La giustizia decide: il bambino è riportato da sua madre.