Marocco: ogni giorno nascono 150 bambini al di fuori del matrimonio

donnemarocco200Mi batto per mio figlio nonostante gli sguardi e i giudizi spietati” afferma con determinazione Khadija, una ragazza madre di 27 anni, impegnata nella sua lotta quotidiana contro l’esclusione sociale e il pregiudizio. Come lei in Marocco combattono migliaia di donne.

Della sede dell’associazione “Solidarité féminine” di Casablanca, Khadija sembra conoscere ogni angolo. E a ragione: ci ha infatti vissuto per più di un anno.

“Ho incontrato il padre biologico nella mia regione natale, Agadir. Lui abitava a Casablanca”, confida la giovane donna. “Quello che ci era stato insegnato a scuola sulla sessualità era molto limitato. Ero ancora troppo giovane, avevo appena 20 anni, e non avevo alcuna esperienza”, continua poi. Khadija si trova così incinta, in un Paese in cui le relazioni sessuali al di fuori del matrimonio sono ufficialmente proibite. Alla notizia della gravidanza, lei ha informato quello che chiama il “padre biologico” di suo figlio, ma il giovane le ha risposto: “Io non ti ho fatto niente” ed è sparito. “Così mi sono ritrovata sola” aggiunge lei.

Uno studio pubblicato nel 2011 dall’Associazione di difesa delle donne Insaf e dall’ONU sostiene che nel Paese del Maghreb ogni anno sono registrati 30mila parti di madri nubili. Statistiche alla mano, nei casi di gravidanza indesiderata al di fuori del matrimonio più di 7 padri su 10 sono informati, ma la maggior parte si rifiuta di riconoscere il bambino.

Le ragazze madri rischiano di essere escluse dalla vita sociale, discriminate e sfruttate. Per evitare queste situazioni drammatiche, alcune di esse ricorrono all’aborto, pur essendo questo una pratica illegale. Per la quale si rischia una pena da uno a cinque anni di prigione. Secondo l’Associazione per la lotta contro l’aborto clandestino (Amlac), ogni giorno nel regno del Marocco le interruzioni volontarie di gravidanza oscillano tra i 600 e gli 800 casi.

Khadija ha fatto una scelta diversa. Lei decise di tenere il bambino ma di trasferirsi a Casablanca, dove pensava di potersi confondere tra i 5 milioni di abitanti della metropoli.

“Sono arrivata in serata in una stazione degli autobus abbastanza inquietante”, si ricorda lei. “È stata un’amica che mi ha informato dell’esistenza di Solidarité Féminine. Quella fu la mia ancora di salvezza”.

Aicha Chenna, fondatrice dell’ONG e figura emblematica della lotta per le madri nubili, prende posto nella grande stanza che utilizza a volte come ufficio. “Khadija ha avuto il coraggio di affrontare quello che gli è successo. Ogni giorno in Marocco nascono più di 150 bambini al di fuori del matrimonio. È una cifra enorme!” e aggiunge: “Bisogna che lo stato riconosca questo fenomeno”. Per Madame Chenna la società marocchina si è un po’ evoluta. “All’epoca in cui ho cominciato la mia militanza, negli anni ’70, non era nemmeno possibile parlare di madri nubili”. Dato confermato dalla direttrice di Insaf, Houda El Bourahi, che rileva come si parli di madri nubili solo da 10 o 20 anni. “Ma resta ancora moltissimo da fare”, esclamano le due militanti.

Dopo il parto, Khadija ha ritrovato il padre biologico, che “ha finito per riconoscere suo figlio, prima di sparire di nuovo nel nulla”. Lei oggi lavora in un salone di parrucchieri di Casablanca, riuscendo, spesso con molte difficoltà, a provvedere da sola ai loro bisogni.

“Mi batto ogni giorno per mio figlio”, ripete la donna. “Voglio che mio figlio non si senta diverso“, continua lei. In quanto madre nubile, “le situazioni difficili le vivo quasi ogni giorno”, confessa Khadija. “Mi rifiuto di lasciare che mio figlio le viva a sua volta”.

 

Fonte: (http://www.jeuneafrique.com/Article/DEPAFP20140815105715/)