Marocco: quando sono i bambini abbandonati a invocare la Kafala

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La sede della Corte di Cassazione a Rabat

Mourad e Salim sono stati gli ‘ospiti d’onore’ alla Conferenza Nazionale «La Kafala dei bambini abbandonati, tra rafforzamento delle garanzie e risoluzione dei problemi», svoltasi a Rabat il 27 febbraio 2014.

Nelle sale della Corte di Cassazione si è riunito il gotha della magistratura marocchina insieme a referenti delle più importanti associazioni che si occupano di protezione dell’infanzia, quali la Ligue Marocaine pour la Protection de l’Enfance e il Collettivo Kafala Marocco (costituito da Ai.Bi. Maroc; Osraty; Fondation Rita Zniber; Dar Atfal Al Wafae e SOS Village d’Enfants). Presenti all’appuntamento anche numerosi procuratori del re Mohammed VI e rappresentanti della società civile.

Chiaro il messaggio che i giudici della Cassazione hanno ripetuto in modo anche vivace: l’incapacità del Governo marocchino di non riuscire a controllare all’estero il rispetto dei requisiti imposti dalla Kafala, non può ricadere sulle spalle dei bambini e delle famiglie che vorrebbero accoglierli. Quindi, la debolezza degli uffici consolari non può essere un elemento di freno all’autorizzazione della kafala in Paesi stranieri. Quale soluzione per arginare la circolare emessa nel settembre 2012 dal Ministro della Giustizia, Mustapha Ramid? Quella, per intenderci, che invita a respingere il diritto alla kafala per i non residenti in Marocco. La società civile chiede l’elaborazione urgente di una legge-quadro. I giudici della Cassazione, in attesa della auspicata riforma, promettono di tamponare l’emergenza, ribaltando i ‘verdetti negativi’ decisi in primo grado. Purché gli aspiranti genitori adottivi rispettino gli articoli di legge sulla kafala.

Ma a riscaldare i cuori di tutti i presenti sono state le parole di chi ha vissuto sulla propria pelle l’abbandono. Mourad e Salim, entrambi studenti alla Facoltà di diritto dell’università di Meknes, hanno 21 anni e sono i ‘veterani’ del centro gestito della Fondazione Rita Zniber, con cui Ai.Bi. collabora da tempo. Vivono da sempre lì,  ormai sono il punto di riferimento di tanti altri ‘fratelli d’abbandono’. Lasciati per strada alla nascita, per Mourad e Salim l’istituto è l’unica casa che conoscono. Emozionati, si sono presentati alla Conferenza in giacca e cravatta per rivolgere a tutti i presenti un appello: “Salvate i bambini dall’ abbandono: perché non capiti ad altri quello che è successo a noi: non è bello vivere senza una mamma e un papà”. Eppure loro due ce l’hanno fatta.  Studiano con profitto e sognano- non a caso- di diventare futuri giudici della famiglia.

Fonte: L’economiste