“Mi taglio tutte le volte che mi mettete in mezzo ai vostri litigi”

Il fenomeno del “cutting”: una richiesta di aiuto. Che va sempre ascoltata

Una telefonata arriva alla sede di Ai.Bi. – Amici dei Bambini. All’altro capo del filo c’è una mamma preoccupata. “Ciao, è da tanto tempo che non ci sentiamo, lo so – esordisce – Mi permetto di disturbarvi perché ho un grosso problema e non so come risolverlo: mio figlio quando ha dei problemi si taglia con un coltello, incidendosi la pelle delle braccia. Dice che poi si sente meglio, se sta male con il cuore. Sostiene che procurarsi un dolore fisico attenui il dolore. Devo preoccuparmi?”.

La problematica segnalata da questa madre non è, purtroppo, una novità. E non è neppure la prima volta che viene segnalata. Il fenomeno ha anche un nome: si chiama “cutting”. E, a quanto pare, recenti studi hanno portato gli esperti a confrontarsi con numeri allarmanti: si ipotizza che il 10% dei teenager tra i 13 e i 16 anni, dunque oltre 200mila adolescenti, pratichino queste forme di autolesionismo.

Impossibile in realtà avere numeri certi, perché la maggior parte dei giovani lo nascondono alle famiglie. Si stima che solo il 15% dei ragazzi chiedano aiuto e percepiscano questo comportamento come un problema.

L’emulazione dei pari spesso fa dilagare anche questo fenomeno e non aiutano di certo i social dove basta cliccare questa parola per vedere foto di lesioni alle mani, alle braccia e in altre parti del corpo.

Un fenomeno, quello del cutting, diffuso al punto che, per fare un esempio concreto, un recente articolo del quotidiano veronese L’Arena ha spiegato che il punto d’ascolto del Provveditorato locale possiede un database di 226 casi riconosciuti e registrati tra città e provincia. E sono sempre più giovani.

Ragazzi che, in fondo, cercano di farsi notare. Che gridano la loro sofferenza. Lo testimoniano anche le parole di una ragazza, che ha voluto raccontare la propria esperienza al medesimo quotidiano. “Se riuscissi a parlare, a dire che sto male – ha spiegato – evidentemente potrei risolvere la faccenda senza arrivare all’autolesionismo. Lo faccio perchè il cutting è l’unico modo che ho per sopravvivere ai miei dolori. Mi concentro sui tagli e non sui miei problemi. Se fossi riuscita a buttarli fuori, non avrei queste cicatrici”.

Problemi nati dal contesto famigliare. Di fronte all’ennesima sfuriata delirante di mia madre che urlava con mio padre per faccende misere sono riuscita a farli tacere urlando: ‘Basta, basta, smettetela, oppure vado di là e mi taglio’”.

Ma i problemi possono essere di varia natura. Al cutting gli adolescenti ci arrivano perché, spiega un’esperta, “tagliarsi aiuta a spostare la tristezza altrove e la tristezza è quella provocata da un disagio personale, dall’eccesso di stress, da problemi in famiglia o perché c’è di mezzo il bullismo. Da un dolore personale si passa a ferire il proprio corpo, in modo ripetitivo; e proprio la cronicità diventa dipendenza dal dolore fisico”.

Ma quale consiglio dare allora ai genitori che si trovano di fronte a questa situazione? “Questo argomento – spiega l’operatrice di Ai.Bi. – è necessario affrontarlo con il proprio figlio perché in modo molto mascherato è una richiesta di aiuto”. E le richieste di aiuto vanno sempre ascoltate. E accompagnate, in questi casi, con l’ausilio di personale qualificato.