Minori in difficoltà. Affido familiare o inserimento in struttura? Ecco i dati

Nel 2007 il numero di minori in accoglienza familiare superava di 3.000 unità il numero di bambini e ragazzi in struttura. Successivamente, si è attestato intorno alle 14.000 unità per alcuni anni, per poi iniziare progressivamente a calare

I minori che trascorrono i primi anni di vita in famiglia con numerosi problemi tendono a manifestare disagio, disturbi emotivo-affettivi e relazionali, difficoltà cognitive, a breve e a lungo termine, più o meno intensi, a seconda dell’entità dei fattori di rischio, del tempo di esposizione e dell’entità dei fattori di protezione, interni e ambientali.

Accoglienza in famiglia e in struttura

Gli studi mettono in evidenza l’efficacia generale degli interventi di accoglienza temporanea in un ambiente protettivo, con preferenza per le forme familiari: i minori accolti in famiglia affidataria, rispetto a quelli ospitati in struttura, percepiscono maggior benessere e una più elevata soddisfazione per la qualità della loro vita e delle loro relazioni; presentano una maggior fiducia in sé e nel futuro e migliori relazioni sociali. Gli effetti positivi risultano inoltre più duraturi, grazie al fatto che la famiglia presenta maggiori possibilità di sviluppare un attaccamento stabile e più opportunità di cura individualizzata.
Come negli altri Paesi occidentali, da tempo, anche in Italia viene dunque privilegiato l’inserimento dei minori che non possono permanere nel nucleo d’origine in famiglia affidataria, in applicazione della legge n. 184/1983, e, solo se questo non è possibile, si prevede l’accoglienza in struttura.

I dati

Tuttavia, dall’analisi dei dati forniti dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali elaborati dall’Istituto degli Innocenti, si evidenzia un calo degli inserimenti in struttura e un aumento degli affidi familiari dal 1999 fino al 2007, anno in cui si registra un picco di minori in affidamento (16.420).
Nel 2007 il numero di minori in accoglienza familiare superava di 3.000 unità il numero di bambini e ragazzi in struttura.
Successivamente si è attestato intorno alle 14.000 unità per alcuni anni, per poi iniziare progressivamente a calare. Gli inserimenti in struttura hanno invece ricominciato a salire dal 2016.
Il fenomeno non è però omogeneo sul territorio nazionale:
in alcune regioni si continua a privilegiare l’inserimento in famiglia (es. Piemonte, Veneto), mentre in altre il ricorso all’affidamento è calato a favore dell’inserimento in struttura. Se si calcola la proporzione dei minori in affido rispetto alla popolazione minorile residente sul territorio italiano si rileva una stabilità del tasso di affido (1,4 per mille). Quello che aumenta è il tasso di inserimento in struttura (da 1,4 a 1,5 per mille).

L’affidamento familiare

All’interno dell’affidamento familiare, si può distinguere tra affido a terzi o a parenti.
La Raccomandazione 222.1 delle Linee di indirizzo per l’affidamento familiare, in linea con l’art. 1 della legge n. 184/1983, che sancisce il diritto del minore a vivere nella “propria famiglia”, propone: “Prima di procedere a un affidamento eterofamiliare verificare la presenza di parenti entro il quarto grado disponibili, idonei e con un significativo e positivo rapporto con il bambino”.
Si privilegia dunque, a livello normativo, l’affido a parenti, sottolineandone però le condizioni necessarie, ovvero l’idoneità e la presenza di un rapporto precedente con il bambino.

Affidi intrafamiliari

Diverse ricerche hanno evidenziato gli effetti positivi degli affidi intrafamiliari, quali la possibilità di rapporti più frequenti e più liberi con i genitori, lo sviluppo di un maggior senso di appartenenza alla famiglia e la minor percezione di instabilità e di sospensione tra due famiglie. Da un’analisi attenta si rileva però che questi punti di forza rischiano di diventare fattori di rischio con genitori fortemente compromessi.
Quando poi si tratta dei nonni, l’età degli stessi può rendere difficile la gestione dei nipoti in età adolescenziale. Dai dati, emerge che in Italia il tasso di chiusura anticipata dell’affidamento è lievemente superiore negli affidi intrafamiliari (6,8% contro 5,2%). Il che richiama nuovamente a una valutazione attenta dei servizi.
Rispetto alle proporzioni si rileva una transizione da una prevalenza di affidamenti intrafamiliari (53% nel 1999) a una preponderanza di affidi a terzi (57%, dato stabile dal 2017 al 2020), con importanti differenze territoriali: l’affido a terzi è più elevato nel Nord-Est (76%) ed è minimo nel Sud e nelle isole (47%).
Occorre segnalare però che la crescita degli affidi a terzi è parallela all’incremento degli affidamenti dei minori stranieri (che nell’87% dei casi fruiscono di affidi eterofamiliari per le stesse condizioni in cui si trovano): si è passati infatti da un 6% del 1999 alla situazione attuale in cui un minore su 5 ha cittadinanza straniera (dati 2020). Non si può quindi parlare di un reale incremento degli affidi a terzi.

[Fonte: “Minori giustizia”]

Informazioni e richieste sull’affido familiare

Chiunque volesse approfondire la conoscenza dell’affido familiare e riflettere sulla propria disponibilità a intraprendere questo percorso, può partecipare agli incontri organizzati da Ai.Bi. Tutte le informazioni si trovano alla pagina dedicata del sito dell’Associazione.