Minori fuori famiglia: Andria, solo 60 giorni nelle comunità educative

Durante i lavori della Conferenza Nazionale della Famiglia che si è svolta a Milano abbiamo avuto modo di intervistare il Presidente del Tribunale per i Minori di Salerno il dott. Pasquale Andria. Durante il suo intervento il Presidente del Tribunale per i Minori aveva affermato che “per i minori fuori famiglia che devono essere collocati nelle comunità di accoglienza, la loro permanenza nella struttura non superi i 60 giorni di tempo”.

Ritiene sia questo il limite massimo di tempo in cui un minore può restare in una comunità educativa?

“Si può arrivare anche a 90 giorni l’importante è che ci sia un tempo massimo entro il quale vengano prese delle decisioni per valutare i casi”

Il limite temporale è già citato nella 149/2001, in cui si parla di 24 mesi di durata dell’affido, ma il limite temporale non deve essere solo per l’affido, ma in generale per tutti i collocamenti.

lI fatto che ci sia un termine serve a dare un impulso alle situazioni per cui si debba arrivare a una prendere delle decisione: è inammissibile che certe situazioni si trascinino troppo a lungo

Ci tengo a sottolineare l’importanza del ruolo decisionale del tribunale per i minorenni..

Bisogna garantire un intervento robusto e articolato nei confronti della famiglia di origine, decidere per l’affido e dove ci sono i margini per l’adozione. In particolare per quanto concerne l’adozione ci tengo a sottolineare che è sì un intervento residuale, da applicare nei casi estremi in cui non c’è una famiglia d’origine adeguata, ma non è certo residuale da un punto di vista etico sociale, perchè invece di grande valore e dignità”.

Citava la legge 149, a suo avviso è una legge da rivedere?

“Auspico una revisione delle Legge 149 del 2001 che ha dei forti limiti. Ad esempio quando afferma l’esclusività del Pubblico Ministero per le procedure di adottabilità. E’ necessaria maggiore flessibilità e una definizione di livelli minimi di prestazioni per le varie tipologie di intervento nei confronti della famiglia, nonché del rilancio dell’affido”.

Perché parla della necessità da parte dei tribunali di riappropriasi del loro ruolo decisionale?

Perché vi è grande difficoltà a decidere. In parte i tribunali non hanno gli strumenti perchè laddove non ci sono servizi efficienti difficilmente si possono avere elementi utili per esercitare questa funzione decisionale. Soprattutto sono preoccupato perché si sta indebolendo la cultura della tutela del minore in favore del soggetto famiglia e spesso questo non tutela i soggetti più deboli i bambini, ma gli adulti. Il rischio è perdere di vista l’’interesse supremo del minore.”