Minori ucraini deportati in Russia: se l’adozione diventa un’arma di guerra

Il Cremlino semplifica le procedure di adozione per gli “orfani” ucraini, spesso portati in Russia senza lasciare loro alternative. Per le autorità ucraine è “una violazione”. Di fatto, è un utilizzo dei minori come fossero merce di scambio e arma politica ed economica

Per la Russia è un “atto umanitario”. Per l’Ucraina una violazione perpetrata dopo una deportazione. Parliamo della decisione del Commissariato “per la protezione dei bambini presso la presidenza della Federazione Russa” (questa la dicitura riportata dal Corriere della Sera, nell’articolo a firma di Federico Fubini che denuncia il fatto) di semplificare in maniera importante le procedure di inserimento dei minori non accompagnati ucraini in famiglie russe.
Nella zona di Mosca sono già partiti i primi esperimenti, ma la volontà di Vladimir Putin di estendere il sistema a tutto il Paese pare abbastanza chiara, probabilmente vedendo in questa operazione anche un modo per rispondere alla crisi demografica che dal 1991 a oggi ha visto il Paese perdere circa 4 milioni di abitanti, con un tasso di fertilità sceso a 1,5 figli per donna.

Minori ucraini deportati in Russia e “dati in adozione” a famiglie locali

Secondo il comunicato del commissariato presidenziale, la semplificazione delle procedure di adozione riguarda “gli orfani e i bambini rimasti senza cura genitoriale che hanno la cittadinanza delle repubbliche di Donetsk e Lugansk o dell’Ucraina”. Una definizione piuttosto ampia, che comprende, per esempio, l’area di Mariupol, da cui si stima che siano state costrette a fuggire verso la Russia almeno 40 mila persone.
In totale, l’UNHCR afferma che gli sfollati ucraini in Russia siano quasi un milione (per Kiev sono anche di più), la maggior parte dei quali non hanno certo scelto di mettersi in salvo andando nel Paese che ha scatenato la guerra. Di questi, 200 mila sono minorenni e 1.700 sono bambini senza genitori. Attenzione: “senza genitori” non significa necessariamente orfani, visto che in molti casi è impossibile ricostruire la loro situazione familiare e capire se uno dei genitori sia ancora vivo o se, magari, ci sia un parente cui il minore potrebbe comunque venire affidato. Non è un caso che, data la situazione, le autorità ucraine abbiano ufficialmente bloccato la possibilità di adozione per tutti i Paesi stranieri, proprio per le difficoltà oggettive di verificare tutte le informazioni necessarie affinché un minore possa essere dichiarato adottabile.
Si capisce facilmente, quindi, come il camuffare la facilitazione dell’adozione dei minori ucraini in Russia come un’operazione umanitaria sia, appunto, una finzione.
L’unica realtà è che i bambini, dopo aver subito la distruzione della guerra, dopo aver perso la casa e la famiglia, vengono ora utilizzati come un’arma di guerra vera e propria, come una “proprietà” di un Paese aggressore alla pari del grano bloccato nei porti o del gas naturale nel sottosuolo: una risorsa da sfruttare inseguendo, forse, qualche disegno imperialistico fuori dal tempo, dal mondo e, soprattutto, dall’umana pietà.