Nepal. Gli “Angeli” di Ai.Bi.: “Avvertita di notte, sono partita subito: sapevo che andavo ad affrontare un’emergenza che toccava tantissimi cuori”

silvia-cappelli“Mi hanno chiamata di notte all’improvviso e mi hanno detto: ‘Vai! In Nepal c’è stato il terremoto: c’è bisogno di te’”. Comincia così il racconto di Silvia Cappelli, cooperante di Amici dei Bambini e attualmente responsabile delle attività predisposte nel Paese asiatico per far fronte all’emergenza seguita al terribile sisma del 25 aprile. Incontriamo Silvia nella sede nazionale di Ai.Bi. nei pressi di Milano: è qui per pochi giorni, giusto il tempo di “ricaricare le batterie” e ripartire alla volta del Nepal. “Perché quanto abbiamo fatto fino a ora – ci ricorda – è solo l’inizio di una strada in salita. Il nostro impegno è appena iniziato ed è necessario il contributo di tutti per poter aiutare quella popolazione”.

Fa un salto indietro di 2 mesi, Silvia: a quando, all’indomani della prima grande scossa che ha sconvolto il Nepal, le fu chiesto di partire per Kathmandu. La scelta è caduta su di lei non per caso: cooperante già con una certa esperienza, tra Kenya e Repubblica Democratica del Congo, la 30enne forlivese ha già ampiamente dimostrato di sapere bene che chi fa il suo lavoro deve essere sempre pronto a partire, che non esiste una giornata tipo, che la vita del cooperante è scandita dalle telefonate che arrivano da dove c’è un’emergenza e che obbligano a preparare la valigia e a organizzare tutto in massimo 24 ore.

“Per il Nepal è stato proprio così – ricorda ora Silvia -: partire è stata una grande emozione, sapevo che stavo andando ad affrontare una situazione che toccava tantissimi cuori.

Ad attenderla c’era un’immensa desolazione: persone in strada che dormivano tra le macerie, tende e rifugi temporanei, mancanza di acqua e di generi di prima necessità, nessun negozio o distributore di benzina aperto. “Io stessa le prime notti ho dovuto dormire insieme ad altre persone rimaste senza casa e ospitate dai nostri collaboratori”, racconta. Insomma, Silvia ha avuto modo di entrare subito nel vivo della situazione e di ascoltare le storie di chi aveva perso la casa o i parenti. “Ho sentito la sfiducia e la paura di queste persone – ricorda -: perdere la casa è la cosa che traumatizza di più, non permette di sentirsi al sicuro e di dare tranquillità ai bambini”. Per i più piccoli, del resto, è un trauma vedere i propri genitori così spaventati.

Presa coscienza dell’emergenza, ci si è messi subito al lavoro. “Per fortuna il Centro Paani, una delle strutture di Ai.Bi. in Nepal, non è stato distrutto – prosegue Silvia – e ha dato a tante famiglie la possibilità di trovare rifugio e provviste per superare i primi giorni del post-sisma. Questo ci ha dato la forza per continuare. Abbiamo raggiunto molti territori nepalesi in cui non erano ancora arrivati i soccorsi e abbiamo portato acqua, medicine e generi di prima necessità”. Un episodio in particolare ha colpito la nostra cooperante. “Dopo aver percorso 200 chilometri su una strada accidentata alle pendici dell’Himalaya – ricorda – siamo riusciti a raggiungere e a consegnare delle tende a 200 persone che da 2 settimane vivevano in strada. All’inizio si fanno piccole cose, ma si vede la gratitudine sui volti delle persone.

Tra pochi giorni Silvia tornerà in Nepal. L’attende la parte più difficile della sua missione. Non più interventi di emergenza, ma azioni a lungo termine: alla distribuzione delle tende si dovrà sostituire la costruzione di edifici temporanei. “A cominciare dalle scuole, per permettere ai piccoli nepalesi di tornare a imparare e a giocare.

 

Per sostenere le attività di Amici dei Bambini in Nepal a favore delle famiglie e dei bambini che, con il terremoto, hanno perso tutto, visita la pagina dedicata