Nepal. La seconda grande scossa: il colpo di grazia su un popolo che non può essere lasciato solo

terremoto nepalTradizione vuole che, in un Paese prevalentemente agricolo come il Nepal, la stagione monsonica sia attesa sempre come una benedizione. Ma quest’anno, i venti e le piogge vengono vissute come un altro ingiusto castigo. Un flagello in più che non fa altro che complicare drammaticamente la già tragica situazione delle città e dei villaggi distrutte dal terremoto. Un disastro che, però, visto da Occidente, ha colpito un Paese piccolo e lontano, sul quale rischia di cadere presto il velo dell’oblìo.

Come se non fosse bastata la terribile scossa del 25 aprile, lo sciame sismico è proseguito anche nelle settimane successive, fino ad arrivare alla seconda forte scossa. Quella del 12 maggio che, in 30 secondi, con i suoi 7,4 gradi di magnitudo, ha fatto crollare molto di quello che il 25 aprile era miracolosamente rimasto in piedi. Il tremore della terra, con epicentro 83 chilometri a nord est della capitale Kathamandu, è stato talmente forte da essere stato avvertito anche a New Delhi, in India, e a Dacca, in Bangladesh.

La placca indiana spinge verso Nord e si immerge sotto quella asiatica, spiegano i geologi. In termini “umani”, ciò si è tradotto fin’ora nella morte di più di 8mila persone e nel ferimento o invalidità permanente di quasi 20mila.

Le case andate completamente distrutte sono 300mila e 3 milioni di nepalesi non hanno più nulla sotto cui ripararsi. La seconda scossa di terremoto ha fatto ripiombare la popolazione nel panico. La gente cammina per strada con il fiato sospeso, i negozi stanno chiudendo e tutte le attività sono paralizzate, perché ci si aspetta che la terra tremi ancora. Gli ospedali e le zone circostanti sono presi d’assalto da persone ferite o nel panico.

A pagare il prezzo più alto, come sempre, sono i più piccoli. I bambini che hanno urgente bisogno di assistenza sono un numero impressionante: 1 milione e 700mila. E il Nepal è un Paese piccolo, con istituzioni non molto forti e privo di risorse sufficienti per far fronte a queste calamità.

Per questo è necessario il contributo della comunità internazionale e di ognuno di noi nello specifico. Servono tende, acqua potabile, kit igienici, forniture mediche e sostegno psicologico, in particolare per i bambini che stanno affrontando un tributo emotivo per loro senza precedenti e uno stress estremo. Nei primi giorni post-sisma, la solidarietà non è mancata, da parte sia dei Paesi più ricchi che di quelli limitrofi. Ma sulle sventure di una comunità piccola e lontana, come quella del Nepal, è facile abbassare la guardia. Nonostante intere regioni di montagna rimaste del tutto isolate, nonostante villaggi andati completamente distrutti, è probabile che ben presto i media cominceranno a non parlare più di questa tragedia. E inevitabilmente ci si dimenticherà dei milioni di nepalesi rimasti senza casa e senza punti di riferimento.

Sarà necessario tantissimo tempo, invece, per tornare alla normalità. Fino a quel momento, è compito di tutti aiutare la popolazione nepalese a superare l’emergenza. Molti di loro, la cui casa non è andata distrutta, si sono messi a disposizione dei loro connazionali più duramente colpiti dal sisma. Ma vanno sostenuti in questo. Amici dei Bambini ha lanciato una campagna di Sostegno a Distanza che contribuisca all’accoglienza interfamiliare e all’assistenza abitativa, sanitaria, alimentare a favore delle famiglie e dei bambini a cui il terremoto ha tolto tutto.

 

Fonti: La Repubblica, La Stampa, Agenzia Nova