Nepal. Nella disperazione di un popolo in ginocchio una bambina abbandonata vale 700 euro

nepal-bimba-macerieUn Paese distrutto, nei suoi aspetti materiali e, forse anche di più, nell’animo. Questo è il Nepal, a 3 mesi di distanza dal terribile terremoto che tra il 25 aprile e il 12 maggio ha messo in ginocchio la sua gente. Un popolo mite e lavoratore, la cui voglia di rialzare la testa viene continuamente frustrata da mille altri problemi. Dopo il sisma, infatti, le calamità naturali non sono finite. In questo periodo sono le piogge torrenziali portate dai monsoni a provocare frane e allagamenti che distruggono quel poco che il terremoto aveva lasciato in piedi o che i nepalesi, in questi mesi, erano riusciti a rimettere in piedi. E le conseguenze non sono sempre soltanto di ordine materiale: aver perso tutto porta la gente qualche volta anche a smarrire il senso di umanità e di amore verso il prossimo. Una condizione che si ritorce in particolare verso i più piccoli, sempre più a rischio di abbandono.

Nel corso delle loro periodiche missioni dei vari distretti del Paese, le cooperanti di Amici dei Bambini in Nepal vengono a contatto con situazioni e storie terribili.  Girando per i villaggi e parlando con la gente, emergono vicende forse impensabili prima che la popolazione nepalese, povera ma sensibile, fosse travolta da questa serie di catastrofi.

“La nostra ultima missione in ordine di tempo – racconta Silvia Cappelli, cooperante di Ai.Bi. nel Paese asiatico – è stata quella di inizio agosto, a Sindhupalchowk.  Durante quei 2 giorni siano venute a conoscenza della triste storia di una bambina di 2 anni. Sua madre, alcolizzata, ha abbandonato sia lei che il fratellino di 8 anni. Il padre vive nello stesso villaggio, ma non se occupa per niente. Tanto che, mentre parlavamo con lui e gli chiedevamo quali fossero le sue intenzioni, egli non si preoccupava affatto che suo figlio si stesse infilando nei meandri di un edificio crollato di fronte a noi”. Sia il bambino, che non va più a scuola, che sua sorella sono stati presi in carico dalla nonna paterna, che però pare non veda l’ora di disfarsene. “Vorrebbe che il figlio si risposasse – spiega Silvia -, in modo da poter delegare alla nuova sposa l’onere di occuparsi dei suoi nipoti”.

In un contesto di tremenda disperazione, non manca chi tenta di speculare sulle drammatiche condizioni della popolazione nepalese. C’è stato perfino chi ha tentato di comprare la bambina. “Poco tempo fa – ricorda Silvia – un signore è andato dalla nonna offrendo 70mila rupie, circa 700 euro, per la bambina. Per fortuna la donna ha rifiutato”.

Si teme che vicende come questa non siano casi isolati. Lo scopo delle missioni delle cooperanti di Ai.Bi. nei distretti nepalesi è anche quello di elaborare strategie per prevenire tali situazioni, nel più ampio contesto di un’azione di aiuto alle famiglie del posto. “Attualmente stiamo valutando la situazione e raccogliendo informazioni sia dalle autorità che dalla comunità stessa – spiega la nostra cooperante – per delineare un programma di ricostruzione  di un Village Development Committee nel distretto di Sindhupalchowk”.

Ai.Bi., già presente in Nepal dal 2006, dopo il terremoto si è attivata per venire incontro alle necessità dei minori rimasti orfani e delle famiglie a cui il sisma ha tolto tutto. Distribuzione di beni di prima necessità, di tende e di kit igienici, supporto psicologico e allestimento di uno spazio educativo di emergenza sono stati i primi passi. Il lavoro da fare per garantire una vera assistenza familiare è ancora tantissimo. Per questo serve il contributo di tutti, possibile attraverso una donazione o l’attivazione di un Sostegno a Distanza per l’Emergenza Terremoto Nepal.