Non è esagerato definire “fuori legge” le comunità educative?

Buongiorno,

vi scrivo a proposito dell’articolo in cui affermate che le comunità educative sarebbero fuori legge e andrebbero chiuse.

Personalmente credo che le comunità educative e le case famiglia abbiano il medesimo scopo. Entrambe hanno funzione protettiva, riparativa, terapeutica: i professionisti che vi lavorano “curano” i bambini e gli adolescenti accolti sostenendoli in un percorso di superamento dei vissuti traumatici derivanti dalle pregresse esperienze di trascuratezza, abbandono, maltrattamento e/o abuso sessuale subiti nella famiglia d’origine… Non credete che per fare tutto ciò solo l’amore di una famiglia sia quasi sempre insufficiente e che definire fuori legge le comunità educative sia un po’ esagerato? E poi: è così facile trovare sempre coppie affidatarie  disposte a mettersi in gioco a tal punto da accogliere minori multiproblematici?

Grazie per l’attenzione,

Sal da Caserta

 

 

riccardiCarissima,

credo sia necessario un chiarimento.

Chiudere le comunità educative non significa privare i ragazzi che ne hanno bisogno di sostegni professionali. Amici dei Bambini non afferma che con la sola accoglienza familiare tutti i problemi sarebbero risolti. Ai.Bi. sostiene che un minore non possa assolutamente avere una crescita serena, ed diventare quindi un adulto sereno, senza una famiglia.

Per i ragazzi che hanno subito traumi particolarmente profondi, la risposta è la casa famiglia. Qui con l’accoglienza da parte di una famiglia e con il supporto di preparati educatori, anche i ragazzi più problematici possono trovare una reale e necessaria risposta ai propri bisogni.

La legge 149/2001 parla di comunità di tipo familiare: mi può lei indicare se ci può essere qualcosa che sia come una famiglia se non una famiglia? Le relazioni famigliari possono essere scimmiottate? Degli standard operativi possono sostituire una mamma e un papà? Ogni risposta sarebbe assolutamente inutile.

Infine lei chiede se si trovano coppie disponibili ad accogliere ragazzi grandi. Direi proprio di si, visto che attraverso il progetto Bambini in Alto Mare abbiamo raccolto la disponibilità all’accoglienza di minori non accompagnati (quindi ragazzi con più di 12 anni) di più di 1000 famiglie. È ora di smettere di giustificare il collocamento dei minori in comunità con la mancanza di famiglie disponibili all’affido. Le famiglie vanno stimolate, informate, formate ed accompagnate. Quando saremo riusciti a realizzare tutto questo potremo dire se le famiglie sono in grado o meno di accogliere ogni figlio che ne abbia bisogno.

Un caro saluto

Cristina Riccardi

Membro del consiglio direttivo di Ai.Bi. con delega all’accoglienza familiare temporanea