Non un Dio fai-da-te, ma un Signore che si rivela e chiede amore con il grido del Suo Figlio abbandonato

omelia 31 maggioDi seguito le letture che la Liturgia propone per domenica 31 maggio, prima dopo la Pentecoste, e l’omelia di don Maurizio Chiodi, assistente spirituale di Amici dei Bambini e della comunità “La Pietra Scartata”.

PRIMA LETTURA Dal libro del Deuteronòmio Dt 4,32-34.39-40

Mosè parlò al popolo dicendo: «Interroga pure i tempi antichi, che furono prima di te: dal giorno in cui Dio creò l’uomo sulla terra e da un’estremità all’altra dei cieli, vi fu mai cosa grande come questa e si udì mai cosa simile a questa? Che cioè un popolo abbia udito la voce di Dio parlare dal fuoco, come l’hai udita tu, e che rimanesse vivo?

O ha mai tentato un dio di andare a scegliersi una nazione in mezzo a un’altra con prove, segni, prodigi e battaglie, con mano potente e braccio teso e grandi terrori, come fece per voi il Signore, vostro Dio, in Egitto, sotto i tuoi occhi?

Sappi dunque oggi e medita bene nel tuo cuore che il Signore è Dio lassù nei cieli e quaggiù sulla terra: non ve n’è altro.

Osserva dunque le sue leggi e i suoi comandi che oggi ti do, perché sia felice tu e i tuoi figli dopo di te e perché tu resti a lungo nel paese che il Signore, tuo Dio, ti dà per sempre».

SECONDA LETTURADalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani Rm 8,14-17

Fratelli, tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, questi sono figli di Dio. E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: «Abbà! Padre!».

Lo Spirito stesso, insieme al nostro spirito, attesta che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se davvero prendiamo parte alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria.

 

VANGELO Dal Vangelo secondo Matteo Mt 28,16-20

In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato.

Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono.

Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

 

 

OMELIA

La prima domenica dopo Pentecoste è dedicata a celebrare la gloria della Trinità di Dio.

Invochiamo lo Spirito che abbiamo ricevuto, perché ci illumini a comprendere qualche scintilla del «nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo».

E’ solo grazie a Gesù che noi possiamo entrare, come in ‘punta di piedi’, nella luce e nella gloria della Trinità di Dio! Le parole di Gesù ci aprono alla comprensione piena dell’Antico Testamento, che oggi ci è stato proclamato nella prima lettura dal Libro del Deuteronomio, con le parole di Mosè.

C’è una splendida progressione nella Parola di questa domenica della Trinità: al centro c’è il Vangelo di Gesù, preparato dalle parole di Mosè e attualizzato attraverso le parole di Paolo ai Romani, oggi rivolte a noi.

 

Il Deuteronomio comincia con una domanda: «Interroga pure i tempi antichi, che furono prima di te … vi fu mai cosa grande come questa e si udì mai cosa simile a questa?».  Come a dire: “chiedi a chi vuoi, nel tempo e nello spazio, se mai di Dio si sono dette cose straordinarie e belle e affascinanti come queste!”.

 

Tutti gli uomini parlano di Dio e lo possiamo dire anche oggi, in un’età che possiamo dire ‘secolare’ e anche ‘post-secolare’, in cui cioè molti uomini vivono come se Dio non ci fosse e pensano davvero che Dio non ci sia.

Abbagliati dal progresso della scienza e della tecnica, frastornati dall’illusione di poter bastare a se stessi, molti uomini pensano oggi a Dio come a una bella favola inventata da qualche spirito debole e insoddisfatto, per cercare consolazioni a buon mercato.

Altri ancora, poi, si costruiscono una immagine di Dio misurata sui propri ‘bisogni’ e suoi propri desideri. Si fanno un dio con le proprie mani, modellato a propria immagine, proprio come gli antichi che adoravano gli idoli, chiamandoli ‘il proprio dio’!

Terribile tentazione, questa: inventarmi un dio che colmi le proprie debolezze!

Una tentazione altrettanto grave di quella di chi dice, stoltamente: “Dio non c’è!”, Deus non est, come dice il salmo.

 

Ebbene già la parola di Mosè rispondeva, anche se in altri tempi, in modo davvero sorprendente a questi interrogativi. Si è mai udito da qualche parte che«popolo abbia udito la voce di Dio parlare dal fuoco, come l’hai udita tu, e che rimanesse vivo?».

Ecco, questo è il nostro Dio: un Dio che si rivela, si manifesta nei segni della sua presenza, in questo caso nel fuoco che bruciava il roveto dinanzi agli occhi di Mosè ma senza consumarlo …

Questo segno, che rivela, è anche un segno che nasconde: perché il roveto infuocato non è Dio! Eppure è segno che lo rivela.

Il fuoco ci rivela che Dio è luce, calore, bellezza affascinante e trasformante, inafferrabile e insopprimibile, difficile da spegnere e da dominare, proprio come il fuoco.

E poi questo Dio è voce che parla dal fuoco. E’ Parola che si rivela e ci chiama, è Parola che dice di sé e che chiede a noi di entrare in dialogo con Lui, non fermandoci ad uno spettacolo da vedere, ma entrando in relazione con il volto misterioso di Colui che ci parla.

 

E, aggiunge Mosè, questo Dio si è andato a scegliere «una nazione», prendendola in mezzo a tante altre, privilegiandola e stringendo con essa un’alleanza ricca di grazia e di bontà.

Il Signore ci è vicino, come nessun altro.

Questo dice Mosè al suo popolo, il popolo eletto da Dio.E questo Dio, dice ancora il Deuteronomio, è«il Signore … lassù nei cieli e quaggiù sulla terra: non ve n’è altro».

Dunque: non andare alla ricerca di qualche dio fatto a tua immagine, non inseguire le tue illusioni. Si riveleranno disillusioni, delusioni. Ascolta, dunque, conclude Mosè, le istruzioni del Signore, «i suoi comandi», ascolta la sua Parola e troverai la felicità. Perché il Signore non vuole che tu osservi le sue leggi così, per il gusto di comandarti qualcosa che renda difficile e pesante la tua vita. No!

Il Signore ti ha donato le sue leggi, le sue istruzioni, la sua Parola, perché tu sia felice: «tu e i tuoi figli dopo di te», abitando sulla terra che il tuo Signore ti dona per poterci vivere «per sempre».

E’ una promessa di felicità che va ben al di là del possesso della terra!

La felicità sta nell’ascoltare e nell’obbedire a una Parola amante e amabile, la Parola di un Dio che ti è immensamente vicino.

 

E’ proprio questa la folgorante bellezza di Gesù.

Oggi il Vangelo ce lo presenta nella luce del Risorto, presenza abbagliante di una gloria che non cancella, ma custodisce le piaghe del Crocifisso e mostra la verità consolante di un Dio che, per amore, si è lasciato uccidere da chi lo rifiutava.

 

E’ questo Gesù che dà appuntamento ai discepoli su quel monte della Galilea, che diventa un luogo del commiato di Gesù con i suoi. E’ il monte delle beatitudini, è il monte della trasfigurazione, è il monte della croce. E’ il monte che richiama il Sinai.

E’ lì, sul monte, che Gesù ci rivela l’altezza del suo abisso di Amore e di grazia.

Ai suoi che si prostrano, lo adorano, e tuttavia ancora dubitano di lui – come ci assomigliano, questi ‘poveri’ discepoli! – a questi fragili uomini Gesù affida la sua Parola, il suo comando di Signore del cielo e della terra cui «è stato dato ogni potere».

Mentre se ne va, dunque, li assicura, proprio perché è il Signore, e dice loro«io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

E’ una meravigliosa promessa di un Dio vicino, prossimo, che non ci abbandona e non ci lascia mai soli.

 

A noi è chiesto di lasciarci ‘battezzare’ e cioè immergere nell’Amore trinitario.

Attraverso il Battesimo, nel segno dell’acqua, la grazia sovrabbondante di Dio cancella le nostre sozzure, toglie le macchie della nostra infedeltà, lava dal male che si attacca alla nostra vita.

Nel Battesimo noi siamo come immersi nella Trinità di Dio, che è Padre, Figlio e Spirito Santo. Amore donato, ricevuto, nell’Amore dello Spirito.

 

Immersi in questo Spirito, noi possiamo esclamare, come dice Paolo nella lettera ai Romani: «Abbà! Padre!».

Lo Spirito grida in noi, se noi lo lasciamo gridare. Lo Spirito ci attesta che Dio è Padre e ce lo ha rivelato nel Figlio.

E se Dio è Padre, allora, noi siamo figli. E se siamo figli siamo fratelli tra noi, tutti.

Allora la Trinità di Dio diventa amore sovrabbondante che ci chiede di essere riversato nella storia, come un grande fiume di grazia. Un fiume che non travolge, non distrugge, ma ci dona la vita in abbondanza e disseta il nostro desiderio di amore.

Non più schiavi, ma figli amati.

 

Lasciamoci dunque ‘battezzare’ dalla pienezza di questo Amore sovrabbondante, ricco di perdono, di grazia, di misericordia e di benevolenza!