Le nuove linee guida cambiano l’affido familiare. Ma si può fare di più

Le nuove linee di indirizzo dell’affido familiare prevedono l’istituzione di un registro nazionale e l’uniformità delle procedure nelle differenti regioni. Ribadendo l’obiettivo del sostegno alla famiglia d’origine. Sempre nel migliore interesse del minore

Le linee guida attualmente in essere che regolano l’affido familiare sono datate 2012. Non un anno lontanissimo, in ordine puramente temporale, ma per uno strumento così importante per la vita dei bambini, in una società in continuo cambiamento, 12 anni valgono molto, molto di più.
Non per nulla il lavoro della Conferenza Stato-Regioni che ha portato al nuovo testo, più agile e chiaro, che approda ora in Consiglio dei Ministri, era in corso da tempo e, di fatto, le nuove indicazioni integrano sostanzialmente le novità normative che risalgono al 2015 con la legge 175 (continuità affettiva e ascolto del minore nonché delle famiglie affidatarie sono contemplate in questa). Poi, naturalmente, sarà l’iter parlamentare e le discussioni delle Camere a dare la fisionomia definitiva a un documento il cui obiettivo è quello di riordinare tutta la materia dell’Affido Familiare, istituendo un registro unico nazionale e un registro in ciascun Tribunale, oltre che un Osservatorio che monitori eventuali controversie.
Sicuramente l’arrivo di nuove linee di indirizzo è un fattore positivo, dunque, ma, pur nella speranza che tali linee vengano presto ratificate dalle regioni e applicate nei comuni, il percorso è ancora lungo. Inoltre, il documento approvato dalla Conferenza Stato-Regioni rimane un suggerimento senza alcun obbligo di applicazione.

Affido familiare: strumento per unire le famiglie, non per dividerle

Quello dell’uniformità delle procedure è uno dei punti fondamentali, visto che finora ogni Regione si è mossa con una sostanziale autonomia. Tuttavia, proprio questo rimane un passaggio per nulla scontato, visto che tutte le Regioni appaiono piuttosto indietro nella ratifica del nuovo testo.
Per quanto riguarda i principi di riferimento delle linee guida, fermo restando l’imprescindibile caposaldo del “miglior interesse del bambino”, l’impostazione perseguita è quella di sottolineare come l’affido debba essere uno strumento per riunificare le famiglie in difficoltà, non per dividerle. Anzi, dovrebbe essere uno strumento che prevenga ulteriori difficoltà che potrebbero sfociare nell’allontanamento del bambino dalla sua famiglia d’origine.
Questo ribadire il valore preventivo dell’affidamento familiare è senza dubbio un punto importante, perché, sottolinea Cristina Riccardi – vicepresidente di Ai.Bi. e referente per il settore Affido: “se applicato, andrebbe a correggere una distorsione creatasi a causa dell’impossibilità di applicare pienamente l’istituto dell’affido familiare che ha come uno dei pilastri la valutazione approfondita e gli eventuali sostegni alla famiglia in difficoltà”. Una deriva, questa, che ha portato al prevalere degli affidi sine die, in particolare “quelli che si protraggono senza un progetto che li giustifichi, rimanendo abbandonati a loro stessi e procedendo spesso per la buona volontà delle famiglie affidatarie”.

L’affido familiare ha differenti forme

All’interno delle nuove Linee di indirizzo vengono specificate le possibili, differenti tipologie di affido familiare:
Affidamento familiare consensuale/giudiziale: è la forma più diffusa, disposta dai servizi sociali in accordo con la famiglia di origine (affido consensuale) oppure dal giudice (affido giudiziale)
Affidamento intrafamiliare/eterofamiliare. Nel primo caso di tratta dell’affido a parenti della famiglia d’origine, fino al quarto grado di parentela. Nel secondo, si tratta dell’affido a una famiglia che non ha legami di parentela, da considerare solo se non ci sono parenti disponibili o se è stato valutato che per vari motivi sia meglio togliere il minore dal contesto familiare.
Affidamento diurno, parziale, residenziale. Sono le forme più attenuate di affido, in cui minore e famiglia possono essere aiutati e supportati per differenti periodi di tempo da una rete di altre famiglie associate.
“Questa, in particolare – ribadisce Cristina Riccardi – è una richiesta che da anni  l’associazionismo familiare chiede a gran voce, in modo che vengano applicate forme di affido part-time nella logica del sostegno tra famiglie e per evitare addirittura, quando possibile, quello residenziale”.

Uno sforzo in più

Nel sottolineare i risvolti positivi della definizione delle nuove Linee di Indirizzo, Cristina Riccardi sottolinea che: “Per rendere omogenea l’applicazione della normativa nazionale sull’affidamento familiare occorrerebbero azioni più significative, come un investimento nei servizi di tutela minori, nei centri affido, nel coinvolgimento attivo e responsabile del privato sociale. Accompagnando il tutto con una narrazione che abbandoni definitivamente l’immagine distorta che è stata costruita negli ultimi anni dell’affido familiare.
L’Osservatorio, nella bozza del DDL oggi presentato sembra avere prettamente funzione di controllo: ben venga una banca dati dei minori fuori famiglia nazionale e territoriale aggiornata con il registro delle strutture, nonché la verifica sull’applicazione dell’istituto dell’affido, purché l’obiettivo non sia solo evidenziare le storture, ma anche le buone prassi per costruire una cultura dell’affido familiare che non renda più necessario sottolinearne nelle linee di indirizzo il valore preventivo. Si deve valutare la funzionalità di un sistema mettendolo prima nelle condizioni di funzionare al meglio”.