Pagamenti in contanti e in nero: perché quasi mai vengono segnalati alla Cai?

Cara Ai.Bi.,

siamo due genitori che fortunatamente hanno concluso il loro iter adottivo senza alcun problema o intoppo burocratico. Confrontandoci con altre coppie che hanno adottato un bambino, invece, siamo venuti a conoscenza di una realtà quantomeno inquietante. Nonostante sia illegale effettuare pagamenti in contanti dai 1000 euro in su, ci sono enti che chiedono agli aspiranti genitori di portare migliaia di euro all’estero nel corso dell’iter adottivo. Una necessità fatta presente addirittura nel corso degli incontri informativi per le coppie. Possibile che quasi mai coloro che si sono sentiti rivolgere una tale richiesta decidono di segnalare alla Cai questa situazione?

Grazie,

Veronica e Alessandro

 

 

CRINO (2)

Cari Veronica e Alessandro,

in effetti si teme che la realtà che voi descrivete sia tristemente diffusa nel mondo delle adozioni internazionali e potrebbe essere una delle principali cause della grave crisi che sta colpendo il settore.

Come da voi messo correttamente in evidenza, in Italia non sono autorizzati trasferimenti di denaro contante tra soggetti diversi di un importo superiore a 999 euro, Dai 1000 euro in su, quindi, i pagamenti devono essere effettuati esclusivamente attraverso modalità che lascino una tracciabilità: assegni, bonifici, carte di credito…

Ciò vale naturalmente anche per i rapporti economici tra le coppie e gli enti autorizzati, per quanto riguarda il personale dell’ente operativo sia in Italia che all’estero. Lo affermano le Linee Guida della Commissione per le Adozioni Internazionali, promulgate nel 2008: ben prima, quindi, che il governo Monti stabilisse le citate regole per i trasferimenti di denaro, e questo proprio al fine di tutelare il sistema delle adozioni dai pagamenti in nero. L’articolo 18 dei “Criteri per l’autorizzazione all’attività degli enti”, afferma infatti che “i rapporti economici tra enti e coppie che conferiscono il mandato devono essere regolati a mezzo di bonifico su apposito conto corrente bancario o postale”. L’articolo 12 delle stesse Linee Guida, poi, precisa che “i collaboratori dell’ente all’estero devono essere retribuiti per le loro prestazioni soltanto dall’ente. Le coppie in carico all’ente non possono fare da tramite per i pagamenti”.

Regole che, come a voi stessi è stato testimoniato, possono venire disattese. E, a quanto pare, in modo anche piuttosto plateale. Le coppie, infatti, possono sentirsi rivolgere “consigli” di questo tipo: “per portare a termine presto e bene un’adozione, riducendo i tempi, ottenendo l’abbinamento con un bambino più piccolo e sano ed evitando intoppi burocratici, è opportuno fare qualche pagamento in nero: niente di complesso, nessun rischio”.

Naturalmente non vi è alcuna garanzia che tali promesse vengano mantenute. In compenso si entra in una spirale potenzialmente infinita (“si è presentato un ostacolo: servirebbero altri soldi per risolvere il problema”) e oltre i limiti della legalità. Si parla infatti di reati quali il riciclaggio e la concussione, le cui conseguenze ricadrebbero non solo sugli enti e i loro referenti, ma anche sulle coppie.

Coppie che, però, come voi fate notare, quasi mai segnalano situazioni di questo tipo alla Cai. Il motivo principale di questo atteggiamento è la paura di vedere il proprio sogno vanificato, di sapere che il proprio iter adottivo sia compromesso per sempre, di non poter mai più accogliere un figlio. E sappiamo bene come il desiderio di divenire genitori sia il motore che molto spesso spinge una coppia a intraprendere la strada dell’adozione, a costo di dover fare tanti sacrifici. Anche più di quelli richiesti dalla legge.

Segnalare questi casi, invece, potrebbe contribuire a salvare le adozioni, a cominciare dalla propria. Ogni volta che un iter adottivo viene portato a termine in modo irregolare, infatti, il livello di trasparenza del sistema si abbassa. E chi assicura a una coppia che il sistema non venga irrimediabilmente paralizzato prima che il suo percorso di adozione sia giunto a compimento?

Spero quindi vivamente, ovviamente noi non lo possiamo sapere, che almeno qualcuna delle coppie che si sono trovate in questa situazione abbia comunque deciso di segnalarlo alla Commissione. E’ nell’interesse di tutti.

Grazie per il tuo interessamento,

 

Antonio Crinò

Direttore Generale di Ai.Bi.