Psicologia dell’adozione. Il male dell’abbandono: la scarsa autostima 

I bambini adottati, a causa di abusi o maltrattamenti vari, tendono a svalutarsi perché si considerano colpevoli dell’abbandono. Come migliorare la loro autostima? 

Durante un colloquio telefonico con una coppia adottiva, che ha accolto i due figli qualche anno fa, sono emerse alcune difficoltà con cui il maggiore si sta confrontando a scuola. È arrivato quando aveva 11 anni, è un ragazzino molto dolce, abbastanza chiuso rispetto all’espressione di sé.  Fin dal suo arrivo ha sempre avuto buoni risultati scolastici e questo lo ha spinto ad iscriversi al Liceo Classico, ma a metà del primo anno ha già incontrato molte difficoltà. Ha avuto voti bassi, anche se in discipline difficili, e non sembra aver strutturato un metodo di studio adeguato alle richieste cui è sottoposto. La coppia è preoccupata soprattutto dalle sue reazioni: apparentemente è indifferente e non esprime quasi niente al riguardo, neanche in occasione di sollecitazioni esplicite e dirette a riguardo. Sembra minimizzare e nascondersi. Mi ha colpito molto il commento della mamma: “Non riesco a capirlo. Se uno ha una difficoltà, si mette lì e analizza cosa c’è di sbagliato, poi lo cambia e riprova!”

L’autostima

L’autostima è un ambito di studio di grande interesse e riguarda l’insieme dei giudizi valutativi che l’individuo dà di se stesso e la percezione soggettiva di sé. È mutevole nel tempo, influenzata nel corso dell’intera vita dalle esperienze vissute e dai feedback ricevuti dal contesto sociale, sia in termini di rinforzi positivi o negativi dagli altri, sia rispetto al raggiungimento o meno dei propri obiettivi, vissuti spesso come successi o fallimenti. È un costrutto complesso che deriva da elementi cognitivi, come l’insieme di conoscenze che accumuliamo nella vita, affettivi, come la possibilità di essere “degni” di amore indipendentemente dalle nostre prestazioni, e sociali, come il senso di accoglienza e appartenenza vissuti rispetto al proprio contesto di riferimento.

La qualità dell’autostima

Chi ha una buona autostima tollera meglio le frustrazioni, perché spesso le interpreta come uno stimolo a migliorarsi, sviluppando le aree percepite come maggiormente deficitarie. In questo caso l’errore e il fallimento non intaccano fortemente il senso del valore di sé.

Chi ha più problemi in questa area invece può rimanere annichilito dalle difficoltà, convinto che le sue “prestazioni” definiscano il proprio valore e il proprio diritto di “esserci”. Può nascondere o tacere i suoi sentimenti a riguardo. Evitare di confrontarsi con le proprie difficoltà, con il rischio di aumentare la paura del fallimento e allontanarsi sempre più dalla risoluzione dei problemi.

Può manifestare un atteggiamento rinunciatario davanti alle difficoltà, percepite spesso come insormontabili. Un esteriore comportamento remissivo e dolce inoltre,  può nascondere grande rabbia interiore, repressa. La qualità dell’autostima può cambiare nel corso del tempo e questa è una buona notizia, perché ci dà il “potere” di poterla migliorare, ma è indubbio che, come altri costrutti psicologici, subisce un imprinting forte durante l’infanzia.

I bambini adottivi e l’autostima

I bambini adottati vivono molte esperienze avverse durante la prima infanzia, a causa di negligenze, abbandoni, abusi e maltrattamenti di vario tipo, che danno rimandi negativi al bambino riguardo al proprio valore. Spesso, inoltre, sia consapevolmente che no, i figli adottivi tendono a svalutarsi perché si considerano colpevoli dell’abbandono.

Un buon genitore adottivo, lungi da dover essere migliore di uno biologico, ha però la responsabilità di approfondire questo tipo di dinamica psicologica, per comprendere meglio i propri figli, le proprie reazioni, e aiutarli così a liberarsi dai pesi del passato e per favorire esperienze che migliorino la loro autostima e il loro senso di autoefficacia.

Un buon accompagnamento alla famiglia e ai bambini prevede un sostegno “pratico”, per aiutare ad affrontare meglio le specifiche difficoltà legate alla vita quotidiana, e uno “psicologico”, in cui si approfondiscono e si elaborano i vissuti emotivi correlati, per poter sciogliere qualche nodo antico e volare più leggeri nella vita.

 

Francesca Berti

Psicologa e Psicoterapeuta, Esperta di adozione di Ai.Bi.