Psicologia dell’Adozione. Quando è il momento di inserire il minore adottato a scuola?

L’inserimento scolastico non può prescindere da un lungo periodo di permanenza nella famiglia adottiva. Il rischio può essere quello di incorrere in un rifiuto della scuola e delle relazioni con i compagni

Dott.ssa Marina Gentile
Psicologa Psicoterapeuta della sede Ai.Bi. Barletta

L’inserimento adottivo rappresenta in generale per il bambino una fase di molteplici cambiamenti, adattamenti e trasformazioni. È importante che il viaggio dentro la scuola possa procedere di pari passo con la ricomposizione delle tante “parti di sé” che sono in movimento nel caleidoscopio della sua nuova realtà.

La frequenza della scuola rappresenta una preziosa occasione di incontro e di scambio con altri bambini che lo accompagnerà ad emanciparsi dalla famiglia, a soddisfare le sue esigenze cognitive ed a interagire con i coetanei ma è di fondamentale importanza valutare il momento in cui il minore è davvero pronto per essere inserito.

La scuola richiede al bambino di misurarsi con una rete articolata di relazioni complesse e comporta inevitabilmente una ulteriore ristrutturazione del modo di vedere sé stesso e il mondo: gioco, gerarchie, competizioni, cooperazione e aspettative.

L’inserimento scolastico non può prescindere da un lungo periodo di permanenza nella famiglia adottiva, nel “nido” delle ritrovate, o più spesso, finalmente trovate relazioni genitoriali. Il rischio può essere quello di incorrere in un rifiuto della scuola e delle relazioni con i compagni.

Grande attenzione va prestata a un possibile “pseudo adattamento” che si può osservare in un periodo iniziale e che rappresenta una forma di adesione del bambino alla nuova realtà, nel tentativo di compiacere i genitori al fine di scongiurare la possibilità di un nuovo abbandono.

La eccessiva socievolezza che si può osservare nei primi momenti di inserimento nel nuovo contesto può facilmente essere confusa con una mancata capacità di differenziarsi e soprattutto di differenziare le relazioni.

Molto importante è inoltre una attenta valutazione iniziale dei bisogni cognitivi, affettivi ed emozionale del minore adottato che può esitare frequentemente nella decisione di inserirlo in una classe inferiore per permettergli di acquisire una base più sicura.

Adozione e scuola. L’importanza di possedere il necessario “equipaggiamento affettivo”

Il bambino a scuola svilupperà consapevolezza di sé e del suo valore: un ambiente che preme perché si uniformi velocemente alle richieste cognitive culminerà non di rado in un basso livello di autostima e nella percezione di “non valere niente”, di non essere meritevole di amore fino al punto di aver meritato il proprio abbandono.

La socializzazione è sicuramente un aspetto importante e non trascurabile, ma è un bisogno secondario: durante la permanenza in istituto egli ha sicuramente appreso, benché in modo forzato, delle abilità di socializzazione e l’integrazione nella nuova realtà sociale è sicuramente un importante obiettivo da perseguire, ma è altrettanto importante che vostro figlio vi arrivi con il necessario equipaggiamento affettivo.

Un bambino adottato è sicuramente un minore impegnato nella strutturazione del ruolo più importante, quello di Figlio, che implica una modifica del modo di guardare il mondo e che ha bisogno di tempo, di quotidianità, di ritmi non pressanti, per definirsi. E anche i genitori necessitano di un tempo per diventare autenticamente tali e per strutturare una relazione di reciproca appartenenza che rappresenta le più solide fondamenta per affacciarsi e per districarsi con sicurezza nel mondo esterno.

È soltanto dalla serenità che può nascere la curiosità che è la molla per l’apprendimento.

Gli insegnanti, seppure animati da sensibilità e preparati all’inserimento di un minore adottato, non sempre sono in grado di interpretare i bisogni emotivi di vostro figlio perché non possono essere il contenitore affettivo che rappresenta invece la vostra famiglia.

Diversamente il rischio è proprio quello di incorrere in blocchi cognitivi che impediscono l’attenzione, la concentrazione e l’impegno pur in assenza di difficoltà cognitive. Un bambino, impegnato nella gestione della propria affettività e nella ricomposizione della propria identità frammentata, potrebbe manifestare condotte aggressive verso i compagni e gli insegnanti e scoppi di ira apparentemente ingiustificati che esiteranno soventemente nella sua stigmatizzazione e che finiranno per complicare ulteriormente la sua socializzazione.

Rivolgervi ad uno psicologo in questa fase potrà sicuramente fornirvi un competente aiuto nella identificazione delle specifiche difficoltà del vostro bambino, nella relativa lettura ed interpretazione e nella individuazione delle strategie più efficaci per superare questa temporanea fase di difficoltà. Parallelamente potrà consentire a voi di trovare la giusta energia per reggere questo periodo di complesse trasformazioni.

Dott.ssa Marina Gentile

Psicologa Psicoterapeuta della sede Ai.Bi. Barletta 

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