Rabbia e coraggio

Ci sono giorni in cui lavorare nell affido fa arrabbiare. E tanto.

Oggi una richiesta di affido per un bambino di seconda elementare che praticamente vede i suoi genitori 3 volte l’anno in spazio protetto.

Faccio davvero fatica a pensare che ci sia un senso a questo progetto, ma è così e non abbiamo margine di discussione alcuna.

È un bimbo che ha vissuto per quanto accudito dalle cure di educatori attenti e puntuali, di cui non metto in discussione la professionalità, 6 anni fuori famiglia.

Non c’è da perdere altro tempo.

È uno di quei bambini che io definisco, in modo assolutamente ingenuo e poco professionale, ma che credo renda l’idea, “con un buco dentro”.
Lo sappiamo bene che i primi anni di vita sono fondamentali e questi anni di comunità non possono non aver inciso.

Lui chiede coccole e spazi privilegiati, chiede dei genitori. Serve una famiglia disposta ad accoglierlo e fargli recuperare tutto il tempo perso.

È una di quelle situazioni in cui non si può sbagliare, si tratta di prenderlo, crescerlo come un figlio. Ci saranno provocazioni, probabilmente, ci saranno fatiche sicuramente.

Non si tratta di essere genitori perfetti ma coraggiosi, si tratta di dargli la chance e permettergli, finalmente, di essere figlio.