Rapporto adozione internazionale 2018: finiamola di chiamarli “special needs”

La critica di Griffini (Ai.Bi.): “Così si creano bambini di serie A e di serie B. Linee Guida sciagurate”

Numeri interessanti quelli che emergono dal rapporto annuale della CAI – Commissione Adozioni Internazionali, “Dati e prospettive nelle Adozioni Internazionali”, per l’anno 2018. Il più significativo è il rapporto, rispetto al totale dei minori adottati in Italia, dei bimbi classificati come special needs” (“bisogni speciali”). Ebbene, cita il documento che “nel 2018 a fronte di 1.394 minori autorizzati all’ingresso in Italia 981 riguardano minorenni portatori di uno o più special needs. Numericamente parlando il fenomeno interessa dunque una netta maggioranza degli ingressi pari al 70% del totale. Nella maggior parte dei casi si tratta di minori adottati in età maggiore di sette anni che incidono sul totale degli special needs per il 60%”.

Sostanzialmente, quindi, ben nove minori ogni 13, tra quelli adottati, rientrano in questa peculiare categoria, e quasi sei sono superiori ai sette anni di età. Cosa significa questo? Alla fine dell’estate del 2009 il Permanent Bureau della conferenza dell’Aja ha pubblicato la “Guida alle buone prassi” e ha dedicato un intero capitolo ai bambini “special needs”. In particolare, anche a causa dell’aumento di bambini che arrivano all’adozione internazionale in situazioni di particolari necessità, sono state elaborate delle Linee Guida che suggeriscono percorsi operativi pensati per facilitare l’adozione dei minori “special needs” e sono stati invitati gli Stati a non alimentare speranze irrealistiche di bambini “sani e molto piccoli”.

Secondo tali Linee Guida, comunque, sono classificati automaticamente come bambini “special needs” tutti quelli che superano i sette anni di età. Allo stesso modo sono considerati i bimbi che fanno parte di “fratrie”, di gruppi di fratelli.

Una situazione che dovrebbe far riflettere. “Non c’è nulla di più sbagliato – commenta il presidente di Ai.Bi. – Amici dei Bambini, Marco Griffini che l’affibbiare a questi bambini, che dovrebbero essere semplicemente chiamati ‘bambini di sette, otto, nove anni’ o ‘gruppi di fratelli’ e così via, un termine come ‘special needs’. Una forma di ghettizzazione, questa, che non fa altro che contribuire alla formazione di quelli che saranno poi considerati ‘bambini difficili’. Le Linee Guida dell’Aja sono, in tal senso, davvero sciagurate perché creano bambini di serie A e bambini di serie B. Ma va detto che, purtroppo, capita che siano gli stessi tribunali per i minorenni a favorire queste situazioni. Accade infatti di leggere decreti di idoneità conferiti ad aspiranti genitori adottivi con frasi come ‘idoneo ad un minore 0 -3 anni, senza difetti fisici ne traumi di natura psicologica’!

Per quanto riguarda gli altri dati emersi dal rapporto, la segnalazione che “tutte le regioni hanno conosciuto nel periodo 2012-2018 una riduzione consistente dei contingenti annui di bambini entrati a scopo adottivo: se la riduzione media nazionale nel periodo è pari al 55%, tutte le regioni – ad eccezione di Friuli-Venezia Giulia (- 25%), Puglia (-34%) e Calabria (-39%) – hanno conosciuto una riduzione che oscilla tra il 40% ed il 70% dei casi”. Sempre a livello di regioni, ve ne sono con performance adottive più alte, come il Friuli Venezia Giulia, la migliore (22,8 minori ogni 100mila residenti sul territorio cui è stato concesso l’ingresso in Italia a scopo adottivo) e altre con risultati più bassi, come la Sardegna, la più bassa in assoluto (6,5 minori ogni 100mila residentI).

E per quanto riguarda i Paesi di provenienza? Nel 2018 si conferma quale principale Paese di provenienza dei minorenni adottati la Federazione Russa, con complessivamente 200 adozioni pari al 14% del totale delle adozioni internazionali realizzate in Italia. Seguono per numero di minori adottati altre quattro realtà con un numero di adozioni superiore alle 100 unità: Colombia (169), Ungheria (135), Bielorussia (112), India (110). Seguono tre Paesi che contano tra le 50 e le 100 adozioni: Bulgaria, Repubblica Popolare Cinese, Vietnam.

A livello di coppie adottive, in totale sono state 1130 ad aver concluso con successo l’iter adottivo e la notizia positiva è che la flessione, che negli anni precedenti era stata maggiore, rispetto al 2017 è solo del 3%. Nel 2018 si innalza ulteriormente l’età delle coppie adottanti alla data del decreto di idoneità, e così “la classe di età a maggiore frequenza per i mariti (41,4%) così come per le mogli (42%) è la 40-44 anni. Un esiguo 0,2% dei mariti e 0,6% delle mogli ha meno di 30 anni, mentre al di sopra dei 50 anni si collocano il 12% dei mariti e il 7% delle mogli. Pertanto l’età media dei mariti, alla data del decreto di idoneità, è stata di 43,8 anni – era di 43,6 anni nel 2017 – e quella delle mogli di 42,4 – era di 41,8 anni nel 2017”.