RDC: la storia di Jonathan di Goma

Mi chiamo Jonathan e ho 11 anni. Prima della Guerra vivevo a Goma con i miei genitori, le mie 2 sorelle e i miei 2 fratelli. Un giorno mi sono svegliato e stavano combattendo intorno a casa mia. Non sapevo cosa stesse succedendo ed ero terrorizzato perche’ non vedevo più i miei genitori.

D’istinto ho preso in braccio la mia sorellina di 3 anni, Maria, che piangeva per terra e sono riuscito anche a prendere una coperta. Sono uscito di corsa, ho cominciato a camminare per cercare la gente del villaggio ma non c’era nessuno, eravamo soli. Non avevo idea nemmeno di dove fossero i miei genitori e i miei fratelli. In un lampo mi e’ apparsa in mente l’immagine del mio fratellino Joel che ha solo 2 anni, non sono riuscito a prenderlo perche’ avevo gia’ maria in braccio e l’ho lasciato a casa. Quando mi sono girato per tornare a prenderlo la casa era in fiamme, mi sentivo paralizzato ed ero in preda al panico ed allo sconforto. Dovevo accettare la realta’ e dovevo salvare almeno Maria.

Ho continuato a camminare per giorni senza incontrare nessuno. Quando siamo arrivati al fiume non volevano farci salire sulla barca perche’ non avevamo soldi ed ho dovuto barattare l’unica cosa che possedevo, una coperta, in cambio di un passaggio sull’altra riva. Quando siamo arrivati sull’altra sponda c’era molta gente, scappata come noi dal villaggio, ma della nostra famiglia nessuna traccia. Almeno non eravamo piu’ soli ed abbiamo cominciato a camminare insieme agli altri. Ad un certo punto abbiamo dovuto attraversare un ponte di liane, stretto e barcollante. Quando eravamo verso la meta’ il ponte ha ceduto sotto il peso della gente e molte persone sono cascate nel fiume che si trovava circa 2 metri piu’ in basso. Io mi sono aggrappato alle liane con tutte le mie forze con una mano e con l’altra cercavo di reggere Maria. Non ce l’ho fatta, l’ho sentita scivolare piano piano mentre piangeva.

Ho continuato il mio viaggio solo in mezzo alla folla e, con la testa vuota, sono arrivato a Kinshasa. Qui un soldato dell’esercito mi ha portato al Centro Charite’ Secour. Da qualche mese gli operatori di Ai.Bi. insieme a quelli del Centro stanno cercando la mia famiglia, sappiamo tutti che sara’ difficile ma sono felice di aver trovato qualcuno che crede nel mio sogno e cerca di aiutarmi.

A volte i sogni si avverano…