Ricerca delle origini. “La mia vita è un disegno di cui sono sia il pittore che l’opera”

Giovani adulti adottati si interrogano sul vuoto del loro passato ma con lo sguardo rivolto al futuro

“La vita, a volte, dà una seconda possibilità anche ai bambini meno fortunati”. Lo dice Artiom figlio adottivo, oggi un giovane adulto, intervenuto nell’ambito del seminario sulla ricerca delle origini, organizzato a Casino di Terra (Pisa), nel contesto della XXVIII settimana di incontro e formazione per le famiglie adottive e affidatarie di Ai.Bi. – Amici dei Bambini, che terminerà sabato 31 agosto.

“Lo fa – ha proseguito Artiom – dando a loro una casa, protezione, affetto e una famiglia che sia in grado di amare il figlio e crescerlo come si merita. Una volta che il fanciullo cresce, si pone delle domande sulle sue origini andando alla ricerca della sua ‘vera’ identità, viene a conoscenza così del suo passato facendone un tesoro per tutta la sua vita. Definirei questi bambini che sono stati adottati, speciali e unici in quanto portano qualcosa dentro di sé che tutti gli altri non hanno, così da essere portatori di una fortuna propulsiva senza eguali”.

“Quando provo a ricercare ciò che ero, ossia il mio passato – ha concluso Artiom – spesso ci trovo un senso di vuoto, una voragine. Per spirito di autoconservazione tendo a non pensarci molto, a dire la verità non sento nemmeno l’esigenza di ‘indagare’ su ciò che sono stato, poiché ritengo di appartenere ad un disegno in cui sono sia il pittore che l’opera di un quadro che non si limita alla pura e semplice fenotipica cornice. Oscillo tra colori scuri e chiari e ciò che rende il mio quadro così inedito sono appunto i miei colori che rilucano di una brillantezza incontaminata dall’ esperienza”.

“La ricerca delle origini – ha spiegato ancora Andressa, anche lei figlia adottiva – per me ha un significato importante. Infatti sono sicura, che se dovessi avere l’occasione di partire per il mio Paese d’origine alla ricerca dei miei genitori biologici, andrei a colmare quel vuoto che mi sono costruita nei primi quattro anni di vita. Ritengo quindi, che nonostante mi sia rifatta un’altra vita e sicuramente più agiata e protetta, sia necessaria per una sorta di sicurezza”.

“Per me la ricerca delle origini – ha aggiunto Cinthia – è riuscire a capire la mia presenza qui, in senso che la maggior parte delle volte, mi sento considerata non uguale agli altri. Questa ricerca mi farebbe riempire quel vuoto che ho dentro e che non riesco a colmare in questo istante con tante difficoltà”