Ricerca Synergia a Cervia: la scuola non è un punto di riferimento per i care leaver

“Quando hai 14 o 15 anni lo studio, che prevede un grande silenzio, una grande concentrazione, diventa uno spazio in cui vengono fuori i dolori”. Sono queste le parole di Ivan, uno dei tanti giovani cresciuti per tutta l’infanzia tra le mura di un istituto e costretti ad uscirne al compimento della maggiore età (care leaver).
I care leaver sono obbligati a fare i conti con le sfide della vita quotidiana senza essere minimamente preparati ad affrontarle. Cercare un lavoro, trovare un’abitazione, instaurare relazioni di amicizia, possono essere ostacoli insormontabili per un adolescente che ha trascorso tutta l’infanzia in istituto e a 18 anni si trova fuori dal sistema di protezione dell’infanzia.Si tratta di una categoria a rischio di esclusione sociale: la famiglia è assente, le istituzioni latitano, la scuola non risponde alle loro esigenze. Sono questi i risultati del progetto “Life after institutional care”, un’attività promossa da Ai.Bi. e finanziata dalla Commissione Europea per favorire la promozione di strategie di inserimento sociale dei care leaver di cinque Paesi (Romania, Bulgaria, Lettonia, Italia, Francia). Grazie al progetto, Ai.Bi. è riuscita a mettere in rete i giovani di più Paesi e proporre così misure e attività per la loro inclusione sociale.

Nell’ambito del progetto è stata realizzata una ricerca dall’istituto Synergia in cui si è studiato l’inserimento dei care leaver nel mondo della scuola. Sono state realizzate 25 interviste a care leavers per ognuno dei Paesi oggetto del progetto “Life after institutional care” e 15 interviste a operatori del settore per ogni paese partner. Dalla ricerca è emerso che il rapporto con la scuola è uno degli aspetti più delicati e al tempo stesso complessi per i care leaver, in quanto viene fuori l’assenza della famiglia come sostegno e unità elementare della vita sociale. Gli insegnanti non sembrano essere un punto di riferimento, essendo considerati troppo lontani dai problemi e dalle esigenze dei giovani che non hanno mai avuto una famiglia.

Questa “lontananza” dal mondo della scuola si riflette sui risultati: appena un terzo degli intervistati ha conseguito la licenza media; la maggioranza sceglie corsi di formazione per imparare un mestiere. Chi si è fermato alla licenza media trova rapporti di lavoro precari, con rinnovo trimestrale o simile (se non in nero), ma anche con assunzioni, ad esempio nel settore delle pulizie. La preoccupazione principale dei giovani di 17 o 18 anni è quella di trovare un lavoro e una sistemazione perché il tempo all’interno della struttura di assistenza sta per scadere, anche per questo diventa difficile tirare le somme sul percorso di studi e immaginare come dargli un seguito. Si contano sulla punta delle dita, infatti, i care leaver che terminano gli studi superiori e decidono di iscriversi all’Università.

Nel frequentare la scuola manca quella passione e quel coinvolgimento che invece i ragazzi ritrovano nelle strutture che li ospitano. Dalla ricerca emerge, infatti, che ciò che davvero conquista i ragazzi sono le persone che in modo disinteressato e appassionato si occupano di loro, sono disponibili, li ascoltano, fanno loro domande, li rimproverano e cercano di renderli responsabili, poco alla volta. Per stare in un contesto dove la passione conta poco, i ragazzi optano per un inserimento immediato e talvolta non molto ragionato nel mondo del lavoro, che raramente li soddisfa.

I risultati della ricerca saranno presentati a Cervia dalla ricercatrice di Synergia Roberta Zanuso, in occasione del Convegno “Emergenza educativa”.