Russia. “Kevin, quando l’abbiamo visto in istituto, era curvo, non camminava bene ed era chiuso in se stesso. Ora suona la batteria, canta e balla”

salernoMamma c’è il sole, è estate!”. La luce e il clima campano hanno stregato Kevin, 7 anni appena compiuti, arrivato a casa in provincia di Napoli ai primi di dicembre. I luoghi dell’est Russia non erano baciati da questo clima e soprattutto non emanavano il calore della sua famiglia. La vita trascorsa in un piccolo istituto è stata fortunatamente interrotta dall’arrivo di mamma Maria Grazia e papà Antonio che oggi per #iosonoundono raccontano la loro avventura lungo la Transiberiana.

Il primo viaggio è stato proprio un viaggio della speranza – dicono Maria Grazia e papà Antonio che sono stati seguiti dalla sede Ai.Bi di Salerno – : sapevamo poco di questo bambino, se non che aveva una diagnosi sanitaria abbastanza importante, per come veniva descritta: si diceva che Kevin non riusciva a integrarsi, che era seguito da psichiatri tanto che spesso dovevano essergli somministrati dei sedativi. Eravamo stati avvisati, per così dire: se avessimo accettato quell’abbinamento avremmo dovuto far seguire nostro figlio da specialisti, psichiatri e neurologi, con una prospettiva non rosea. Queste informazioni non ci hanno fermato. Abbiamo sempre pensato che nel momento in cui accetti di avere un figlio, anche con l’adozione, lo accogli così come è. Siamo andati alla fine del mondo per trovare nostro figlio e non ci avrebbe fermato nulla. Quindi abbiamo accettato l’abbinamento: come genitori avremmo fatto il possibile per aiutarlo”.

Inizia così l’avventura di questa famiglia che, come tutti coloro che hanno adottato in Federazione Russa, si sono dovuti armare di molta pazienza e determinazione non solo per preparare una quantità significative di documenti – “Basta un timbro poco chiaro e si devono ripetere tutti i documenti !” – ma anche in vista dei tre viaggi previsti dalla procedura in questo paese.

Quando lo abbiamo conosciuto, nel maggio 2016, il bambino ci ha da subito chiamati mamma e papà – dicono Maria Grazia e Antonio – era piccolo per i suoi 6 anni, era alto 1 metro e pesava 10 kg. A noi è parso subito…un bambino! certamente provato dalla vita di istituto. Quando siamo arrivati siamo stati colpiti da un silenzio irreale: i bambini non giocavano, ma aiutavano a fare le pulizie”.

Maria Grazia ricorda il piccolo istituto che ospitava circa 60 bambini, spesso impegnati anche in lavoretti domestici. “Kevin, quando l’abbiamo visto, era curvo, sembrava non camminare bene, era come chiuso in se stesso”.

A fine ottobre, il secondo viaggio. “Aspettandoci, Kevin era cresciuto in centimetri e aveva anche preso un po’ di peso”, dice Maria Grazia, a conferma che suo figlio aveva bisogno solo dell’amore di una famiglia per crescere e vivere.

Il secondo viaggio è stato difficile psicologicamente per lo svolgimento di una udienza in tribunale durata 5 ore – dicono i genitori – ma abbiamo avuto tanto aiuto dalla referente di Ai.Bi ed eravamo stati preparati prima alle domande che potevano esserci poste. Il giudice era una donna ed è stata molto cortese ed è stata in grado di condurre l’udienza quasi come una chiacchierata. A noi il tempo è parso volare!”.

In aula erano presenti anche il pubblico ministero, il responsabile dell’istituto, un assistente sociale per la tutela dei minori e l’interprete. “L’udienza era centrata sugli aspetti economici – aggiunge Antonio – : cosa potevamo offrire a Kevin, quali cure, quali necessità avrebbe avuto un bambino malato nel corso della vita”.

Maria Grazia e papà Antonio hanno ascoltato con pazienza e hanno dimostrato la loro totale disponibilità ad accogliere quel bambino che era già loro figlio, prima ancora di partire per la Federazione Russa. Siamo stati in grado di non farci scoraggiare, in qualche modo di non credere a quelle diagnosi che poi, in Italia, non hanno trovato alcun riscontro – dice Maria Grazia – : in parte sapevamo che le schede dei bambini russi riportano moltissimi dati anche quelli che potrebbero esser allarmanti; in parte quello che ci avevano detto poteva essere ‘compatibile’ con la vita di un bambino che è cresciuto sempre in istituto, che non aveva mai ricevuto un bacio e che doveva sopportare sedativi per restare tranquillo”.

Il terzo e ultimo viaggio, a metà novembre, è stato quello che ha permesso a Kevin di abbracciare finalmente la sua nuova vita di figlio: dopo una festa di saluti e addii, la famiglia è partita per Mosca.

Ci avevano perfino allarmato in vista del volo aereo – aggiunge Antonio che con la moglie avevano studiato un po’ di russo prima di partire – avremmo dovuto dare sedativi a Kevin per farlo stare buono. Ovviamente non abbiamo fatto nulla e il bambino era entusiasta di volare”.

Kevin sta ancora sperimentando la vita di bambino: capisce bene l’italiano, che sta imparando velocemente, si diverte a suonare la batteria e da qualche giorno è entrato in prima elementare di una scuola privata dove la maestra ha una classe di 12 bambini.

Bacia tutti, ci sembra contento, balla, vuole fare tutte le attività e chiede anche di pranzare con gli altri – dice la mamma, anche lei insegnante – E’ un bambino intelligente con nessun problema psichiatrico: la maestra ci dice che già riconosce le lettere e ama ascoltare le fiabe. A casa ci chiede ancora il permesso per giocare e per prendere i giocattoli: questo ci rattrista ma sappiamo che è una cosa legata al suo passato”.

Kevin in poco più di un mese è ancora cresciuto. Dorme sereno ed è felice ogni volta che va dai nonni, dagli zii e dai cugini.

Gli amici ci dicono che quando parliamo di lui facciamo venire voglia di adottare – concludono – : è vero, l’adozione è una cosa meravigliosa, tutta da scoprire!”.