#ScandaloDellaMonica: La Verità. Silenzi, accuse e adozioni a rilento. Il Pd ha umiliato centinaia di famiglie

Riportiamo integralmente l’inchiesta di Marco Guerra su La Verità.

INCHIESTA di MARCO GUERRA  su La Verità

Cambia il vertice dell’importante commissione di Palazzo Chigi Laura Laera eredita disfunzioni che hanno paralizzato l’ente.

Porte in faccia alle aspiranti famiglie adottive; anni di attesa per i rimborsi dovuti alle coppie che hanno adottato anticipando migliaia di euro di tasca loro; canali di dialogo chiusi con gli enti accreditati che curano i rapporti e le pratiche con i Paesi stranieri; mancata ratifica degli atti da parte della commissione che non viene convocata da tre anni a questa parte. Tutto questo guazzabuglio dovrà essere districato dalla nuova vicepresidente della Commissione per le adozioni internazionali (Cai), il magistrato Laura Laera, che ha preso possesso dell’ufficio lo scorso 15 giugno. La Laera, già presidente del tribunale dei minori di Firenze, prende il posto dell’ex pm ed ex senatrice del Pd, Silvia Della Monica, la quale dopo tre anni di gestione lascia la commissione governativa in pieno stallo operativo. Che il passaggio di consegne sia tutt’altro che una serena procedura di routine lo conferma un’insolita nota pubblicata dalla stessa Cai sul proprio sito web in data 21 giugno dal titolo «Riattivazione casella di posta istituzionale». Come se fosse tutto normale, la Commissione che ricade sotto la presidenza del Consiglio informa l’utenza che «si è rilevato che la casella di posta elettronica istituzionale commissione adozioni.internazionali@governo.it risultava piena con restituzione al mittente delle email in arrivo». «È emerso che tale situazione si protraeva da tempo e precisamente da agosto 2016», si legge ancora sul sito della Cai, «tale casella di posta poteva essere visionata esclusivamente dalla ex vice- presidente dottoressa Silvia Della Monica con password riservata. Si è provveduto pertanto a svuotare la relativa casella che ora è pienamente operativa».

LA PARALISI DELLA CAI

In maniera neanche tanto velata l’attuale dirigenza sta dicendo urbi et orbi che la colpa della paralisi delle attività della Cai è tutta da imputare alla precedente presidenza che, per quasi un anno, non si è nemmeno degnata di aprire la posta elettronica in arrivo, visto che solo lei ne aveva l’accesso. Diventa quindi difficile continuare a negare le conseguenze di quell’atteggiamento di chiusura che ha segnato la gestione della Cai negli ultimi 3 anni. Anomalie che, fra l’altro, erano già state denunciate a febbraio in una conferenza stampa tenuta dai rappresentati delle coppie colpite da questo caos e riunite nell’associazione «Family for children». Ma per capire come si arriva a questo blocco bisogna fare un ulteriore passo indietro. Dalla Monica è entrata in carica il 13 febbraio del 2014 – ricoprendo il ruolo di presidente e vicepresidente durante tutto il governo Renzi . Da allora la Commissione è stata convocata solamente il 27 giugno di quello stesso anno; quella riunione non è stata neppure conclusa perché fu sospesa dall’ex pm, prima di affrontare tutti gli ordini del giorno, e non è mai più stata riconvocata. Dopodiché mai una risposta alle sollecitazioni e alle richieste ufficiali di incontro. In pratica, fin da subito Della Monica porta una gestione monocratica in un organismo che per statuto resta collegiale. L’ex presidente della Cai preferisce infatti non convocare l’organismo, poiché al suo interno siede un esponente del «Forum delle famiglie», realtà che a sua volta è composta da circa 50 associazioni familiari tra cui anche «Albi Amici dei bambini», il principale ente accreditato perla gestione delle pratiche di adozione. Insomma, con la «scusa del possibile conflitto di interessi, (sebbene il rappresentante del Forum non fosse membro di Aibi) Della Monica avvia un modus operandi dai risvolti pericolosi. Infatti, ai sensi del regolamentò, tutti gli atti firmati dalla presidenza per essere pienamente efficaci devono essere ratificati dall’organismo collegiale, pena la decadenza. In altre parole, adesso c’è il rischio concreto che siano invalidati tutti i provvedimenti presi in questi tre anni. Nel frattempo, un’inchiesta giornalistica dell’Espresso discredita l’Aibi accostandogli delle responsabilità in merito alla sottrazione di minori in Congo, fatti rispetto ai quali Aibi risulterà completamente estranea. Sulla stessa associazione parte anche una verifica della Cai, ma anche da questa non affiorerà nulla di anomalo.

APERTURE AGLI «AMICI»

Nello stesso periodo, la presidenza della Cai sembra aver tenuto un atteggiamento ben più disponibile confronti di alcuni enti accreditati più fedeli alla Della Monica, la quale in un’intervista su Repubblica del 6 aprile 2016 introduce il concetto di «enti seri e enti non seri». Insomma, con qualcuno l’ex senatrice parlava eccome: così sembra emergere anche dalle 9.000 pagine dell’indagine per truffa depositate al processo in corso a Savona a carico dei vertici della onlus Airone. L’inchiesta non vede indagata la Della Monica: nei suoi confronti solo una richiesta a comparire avanzata dai magistrati liguri. Le trascrizioni delle intercettazioni pubblicate in questi giorni fotografano i contatti costanti tra l’ex vicepresidente della Cai e alcuni enti autorizzati finiti sotto indagine come^’associazione Enzo B, ente per le adozioni internazionali nato a Torino nel 2004, che è accusato da decine di famiglie che sostengono di aver pagato in anticipo senza aver ricevuto in cambio alcun servizio. Secondo il presidente di Aibi, Marco Griffini, la Della Monica voleva «creare un sistema parallelo di enti fedelissimo con cui fare le adozioni e l’ostacolo da abbattere erano gli enti organizzati più grandi». «La Cai si era chiusa in una torre d’avorio inaccessibile agli enti non graditi», ha commentato Griffini alla Verità. In questa paralisi le prime vittime sono le famiglie: una coppia veneta che vuole restare in anonimato racconta alla Verità di tre giorni di anticamera a Roma davanti la porta della presidente della Cai. 72 ore finite con un nulla di fatto e con le lacrime per un nuovo appuntamento promesso da una dirigente, ma mai calendarizzato. Parte delle coppie lese dalla disfunzionalità della Cai sono anche quelle che sono riuscite ad adottare ma ancora devono ricevere il rimborsi per le spese sostenute, fermi alle pratiche relative al 2011. Fra queste anche Laura Debo- lini e Filippo Piani di Terranova Bracciolini (Arezzo), che hanno raccontato tutto nel libro Il centuplo quaggiù, edito da Berica Editrice, nel quale, malgrado tutto, ribadiscono anche la bellezza e la fecondità portate dalle adozioni.

ADOZIONI IN CALO

Intanto a parlare sono i numeri: le adozioni internazionali in Italia passano dalle 4.130 unità nel 2010 alle jì.216 nel anno 2015. Nella rapporto 2014-2015 (l’ultimo pubblicato) la Cai difende il suo operato riferendo di un crollo delle adozioni in tutti i Paesi occidentali. Una spiegazione di cui ora non si accontènta nemmeno il Parlamento. La scorsa settimana, infatti, il deputato Emanuele Scagliusi (Mgs) ha presentato al presidente del Consiglio un’interrogazione per chiedere «per quali ragioni non sono state assunte prima iniziative volte alla rimozione della vicepresidente Silvia Della Monica?». Ad ogni nodo, ora le famiglie e gli enti accreditati guardano alla nuova vicepresidente Laura Laerà con grande fiducia e con la speranza che si possa riattivare un organismo che per anni ha rappresentato un modello nel piste- ma mondiale dell’adozione. Sul tavolo della Laera molti nodi irrisolti. La giudice dovrà fare anche i conti anche con le pressioni del governo e del Pd, che non hanno mai nascosto la volontà di riformare la legge sulle adozioni, al fine di allargare questo istituto anche a single e gay. In tal senso vale la pensa ricordare che la Laera era presidente del tribunale dei minori di Firenze, quando lo scorso marzo i suoi colleghi del tribunale toscano hanno disposto, per la prima volta in Italia, la trascrizione di un adozione di due bambini adottati da una coppia gay in Gran Bretagna. Tuttavia per ogni minore dichiarato adottabile ci sono oltre dieci coppie disponibili, per rilanciare il sistema non servono quindi scelte ideologiche o esperimenti antropologici ma il buon senso di assicurare ad un bambino abbandonato le cure di una madre e un padre come i tanti che già sono valutati pronti ad accoglievo. Le famiglie adottive continuano infatti a sentirsi trattate come soggetti di serie B da uno Stato che, attraverso il sistema sanitario pubblico, spende decine di milioni di euro per l’acquisto all’estero di gameti e sperma messi a disposizione di coppie sterili che accedono alla fecondazione eterologa (bocciata dal referendum sulla leggo 40) mentre conduce chi vuole aprirsi all’accoglienza di un orfano lungo un percorso a ostacoli che depreda il suo portafoglio e mortifica ogni slancio genitoriale.

Investire sulla famiglia significa anche invertire questa rotta.