Se presentiamo insieme le due domande, quando dovremo scegliere tra adozione nazionale e internazionale?

Buongiorno,

siamo due coniugi toscani sposati da 4 anni. Durante questo periodo non abbiamo avuto figli. Siamo fortemente motivati a diventare genitori adottivi ma vorremmo saperne di più riguardo le differenze tra l’adozione nazionale e quella internazionale. Per noi è indifferente accogliere un bambino italiano o straniero, ma temiamo che i costi e le modalità cambino in modo sostanziale. Stiamo pensando di iniziare il percorso e poi operare la nostra scelta più avanti. Sarebbe possibile?

Grazie per le informazioni,

 

Francesca e Giampiero

 

 

cbernicchi-fotoCari coniugi,

l’adozione nazionale e quella internazionale sono due percorsi molto diversi, pur conducendo al medesimo punto di arrivo: accogliere il “dono” di un figlio, ridare una famiglia a un bambino abbandonato che attende solo un papà e una mamma.

Tra i due percorsi esistono numerose differenze, ma ciò non toglie che possano essere iniziati contemporaneamente.

Innanzitutto è da ricordare che l’iter per l’adozione nazionale è gestito totalmente dal settore pubblico, attraverso i servizi sociali e i Tribunali per i minorenni. Quello per l’adozione internazionale, invece, prevede per legge il passaggio obbligatorio da uno degli enti autorizzati iscritti all’albo della Commissione Adozioni Internazionali: un soggetto che faccia quindi da mediatore tra gli aspiranti genitori e il Paese di origine del futuro figlio, a cui la coppia è chiamata a rivolgersi dopo avere ottenuto il decreto di idoneità dal Tribunale di riferimento.

In ogni caso, è possibile presentare nello stesso momento sia la domanda per l’adozione nazionale che quella per l’internazionale. Tuttavia, mentre la prima può essere presentata in qualsiasi Tribunale per i Minorenni italiano, la seconda è possibile depositarla solo al Tribunale competente in relazione al luogo di residenza della coppia.

Anche l’iter è in buona parte diverso. Per l’adozione internazionale, il Tribunale che ritiene una coppia idonea all’accoglienza di un minore straniero le rilascia un decreto di idoneità. Questo non ha scadenza, ma, dal momento in cui è concesso, la coppia ha esattamente un anno di tempo per affidare il proprio mandato a uno degli enti autorizzati. L’adozione nazionale, invece, non prevede un simile decreto. Anche in questo caso, però, ci sono dei limiti di tempo: la disponibilità offerta dalla coppia, infatti, ha una validità di 3 anni e, alla scadenza, è rinnovabile per un altro triennio.

Insomma, prima o poi il momento di scegliere uno dei due percorsi arriva. I casi sono due. Se l’iter per l’adozione nazionale si conclude positivamente – ovvero un minore è accolto in famiglia –, il decreto di idoneità eventualmente nel frattempo ottenuto per l’internazionale è da rivedere. Con l’arrivo di un figlio in adozione nazionale, infatti, la situazione della famiglia è cambiata: non si tratta più solo di una coppia di coniugi, ma di un nucleo composto da padre, madre e un figlio. E questo, in ottica adozione internazionale, avrebbe delle conseguenze: innanzitutto, pensando di adottare un secondo bambino, sarebbe necessario rispettare il vincolo della primogenitura.

Seconda possibilità: l’iter per l’adozione internazionale arriva prima al punto di iniziare a lavorare per l’abbinamento con un minore adottabile. Dal momento in cui un Paese estero comincia a lavorare per questo, alla coppia si consiglia, prevalentemente per una questione etica, di concentrarsi solo su questo percorso.

Un caro saluto,

 

Cinzia Bernicchi

Consulente di Ai.Bi.