Siamo al traguardo!

Io sono Mirella, mio marito è Giacomo  e abbiamo quattro figli, tre naturali Carlo, Lucrezia e Sara, ed un quarto in affido Lorenzo.

Permettetemi una premessa: l’affido non è da confondersi con l’adozione.

Quando un giudice stabilisce l’allontanamento temporaneo di un minore dalla sua famiglia naturale che sta attraversando un periodo o una situazione difficile, l’Assistente sociale si adopera per trovare una famiglia disposta ad accogliere il minore in affido per un certo periodo di tempo, così che la famiglia naturale possa essere aiutata dai servizi sociali a risolvere i propri problemi e sia possibile il rientro del minore nella sua famiglia di origineQuindi non viene spezzato il legame affettivo del bambino con la propria famiglia, ma si tutela il minore con una famiglia di supporto che lo accompagni nel suo cammino di crescita per un certo periodo di tempo.

La nostra esperienza di affido ha avuto inizio diversi anni fa,  Lorenzo è entrato a far parte della nostra famiglia a dieci anni e mezzo ed ora ne ha 18.

L’idea di aiutare un bambino in difficoltà è nata con l’esperienza di “essere genitori”: man mano che crescevano, cresceva il desiderio di allargare il nostro “voler bene”, il nostro “stare bene insieme”, il nostro “essere famiglia” accogliendo in un abbraccio e coinvolgendo nella nostra avventura quotidiana un bambino che avesse avuto bisogno di noi per un po’ di tempo… ed è arrivato lui!                                            Ricordo ancora la gioia e la trepidazione, quando ci hanno parlato la prima volta di lui… e prima ancora di conoscerlo o di sapere il suo nome, lo avevamo già accolto!

E’ ancora molto vivo il ricordo del nostro primo incontro, quando siamo andati a conoscerlo in Comunità ….… Lorenzo  infatti prima di entrare a far parte della nostra famiglia ha vissuto per circa un anno e mezzo in comunità.

L’assistente sociale ci aveva detto che era “felicissimo” di avere una famiglia affidataria e questa notizia ci aveva resi ancora più lieti… solo “dopo”, quando ne abbiamo riparlato insieme, Lorenzo ci ha raccontato che in realtà si era messo a piangere quando l’aveva saputo, che non voleva lasciare la comunità e “andare in famiglia affidataria” perché aveva tanta paura…e gli abbiamo voluto ancora più bene!

Quando l’educatrice lo ha fatto entrare nella stanza dove lo stavamo aspettando  faceva molta tenerezza, con quell’aria un po’ persa, gli occhioni dolci e un po’ sognanti, il viso tondo e paffuto; era ben pettinato, indossava una felpa verde nuova di zecca; era un po’ in imbarazzo, con tutti quegli occhi puntati addosso, si toccava l’orecchio come faceva sempre quando era a disagio…

Per fortuna con noi c’era anche nostra figlia Lucrezia, ci aveva pensato lei a rompere il ghiaccio con la sua parlantina, e lui non si era certo tirato indietro, dopo i primi respironi per prendere il fiato e trovare le parole, si era sciolto e si era dimostrato subito molto loquace…

E chi li fermava più? E’ stata una dura lotta anche a casa in questi anni, quando tutti e due, contemporaneamente, avevano delle cose “importantissime” da spiegare e da raccontare!

Poi è iniziata la nostra avventura quotidiana: con facilità si è abituato ai nostri ritmi familiari e sorridevamo quando si rivolgeva ai nostri figli chiedendo loro “come funziona nella vostra famiglia” una determinata abitudine o un determinato compito. Ha saputo anche farsi apprezzare per la sua buona volontà e la disponibilità ad essere coinvolto nei vari aspetti e momenti della vita di casa.

Come i nostri figli ha svolto attività sportive, ha vissuto una vita di oratorio, perché i nostri impegni e le nostre abitudini non sono cambiati con il suo arrivo.

A poco a poco abbiamo imparato a conoscerlo e ad accoglierlo così come è con le sue difficoltà e le sue paure; ridevamo con lui delle sue frasi senza senso e delle parole che riusciva ad inventare ed inseriva nel suo linguaggio (come la “cornamedusa” invece di “cornamusa”…).

La prima volta che siamo andati al mare aveva molta paura dell’acqua…c’è voluta tanta pazienza perché capisse che non sarebbe affogato…oltretutto era un bambino un po’ cicciottello e galleggiava senza alcuna fatica!

Abbiamo imparato con lui a gioire di piccole cose, dei piccoli traguardi che giorno dopo giorno riusciva a raggiungere; ricordo che era molto contento quando era riuscito da solo ad allacciarsi la cintura di sicurezza dell’auto!   E quando si faceva qualcosa tutti insieme, sia la spesa al supermercato oppure un semplice giro in bicicletta, per lui era una vera festa! Ci siamo resi conto che certi comportamenti da noi ritenuti “normali” per lui non lo erano affatto, perché non li aveva sperimentati…quando vedeva che io e mio marito ci abbracciavamo, diceva con aria meravigliata: ”Ma voi vi volete bene…”

Certo non sono mancate e non mancano le fatiche e le difficoltà nell’accettare una presenza rumorosa e a volte anche “ingombrante”, nel dover far fronte ad una richiesta continua di attenzione.  Infatti in famiglia il suo arrivo è stato un po’ come un “ciclone” che ha stravolto i nostri equilibri e ha richiesto a tutti un po’ di sforzo. Inizialmente Giacomo ed io ci eravamo dedicati assiduamente a lui, aveva “assorbito” le nostre attenzioni e le nostre energie e forse a farne le spese sono stati i nostri figli , necessariamente messi un po’ “da parte” per consentire anche a lui di trovare un suo spazio in famiglia. Ben presto lui l’aveva trovato, tanto che, a chi non lo conosceva, si presentava proprio come “il nostro bambino affidatario”.

Col passare del tempo è stato necessario “riaggiustare” un po’ le cose anche con i nostri figli che ci hanno manifestato, in modo più o meno velato, di “esserci” con le loro necessità e i loro bisogni, riorganizzando i tempi destinati a ciascuno.  Abbiamo così dovuto affinare la nostra capacità di “leggere” gli eventi e di ascoltare ed interpretare parole, gesti ed azioni. Non sempre è stato facile ma ha consentito a me e a Giacomo di migliorare la nostra intesa e di rendere il nostro legame ancora più forte e profondo: basta uno sguardo, un’occhiata, o l’intonazione con cui si pronuncia una parola, per rendersi conto dello stato d’animo dell’altro ed intervenire.

Poi sono arrivati gli anni dell’adolescenza di Lorenzo, anni difficili per lui e per noi quando ha preso coscienza della sua situazione e dei problemi della sua famiglia: c’è stata la rabbia, il rifiuto, ci sono state tante domande a cui non potevamo dare noi una risposta ma gli siamo stati vicini, abbiamo accolto il suo nervosismo, le sue tensioni, lo abbiamo ascoltato durante i suoi sfoghi, incoraggiandolo e comprendendo le sue fatiche.

Lorenzo ci chiedeva di “metterci in gioco”, di essere pienamente e veramente “noi stessi” di essere presenti e sostenerlo nell’accettare una triste realtà, cioè quella di una famiglia d’origine con una situazione problematica nella quale si è trovato non per colpa sua, e di fornirgli con i fatti e con l’esempio, più che con le parole, una via d’uscita ed una prospettiva diversa di vita.

Per fortuna mi sento davvero di dire che il Buon Dio non lo ha mai abbandonato, ha messo sul suo cammino tante persone che gli hanno voluto bene e sono state molto importanti per lui…la sua maestra, il suo prof. di lettere della scuola media, i sacerdoti della nostra parrocchia, i professori della scuola professionale che ha frequentato…prima che insegnanti sono stati educatori, ci hanno davvero aiutato ed affiancato nel nostro compito di genitori.

Ora ha compiuto 18 anni, quindi formalmente l’affido si è concluso, ha iniziato da poco uno stage che proseguirà per diversi mesi … Per noi è già un successo che Lorenzo  ci ha dimostrato di aver interiorizzato il senso del dovere, la necessità di impegnarsi per raggiungere un risultato, ha manifestato la voglia di dimostrare a s se stesso e agli altri il proprio valore anche a costo di sacrifici.

Il nostro obiettivo sarà quello di accompagnarlo all’autonomia nel lavoro e nella vita, anche se lui sa che “ci saremo sempre” e questo non è altro che il traguardo finale per ogni genitore…