Siria. Andrea Moroni (responsabile cooperazione Ai.Bi.): “Il 94% dei bambini siriani soffre di post traumatic stress disorder. Molti tentano il suicidio. Non possiamo lasciarli soli”

moroni-unomattina-400Il 94% dei bambini siriani soffre di ‘disturbi comportamentali da guerra’:  dai casi meno gravi di bambini che fanno la pipì a letto a quelli più gravi che tentano il suicidio”.  A lanciare l’allarme è Andrea Moroni, responsabile della cooperazione internazionale di Ai.Bi, Amici dei Bambini, che oggi, 23 giugno 2016, è intervenuto nel corso della trasmissione UnoMattina, su Raiuno, per fare il punto della situazione del conflitto in Siria e illustrare le attività della campagna “Non lasciamoli soli”

In Siria si sta vivendo il momento più difficile – ha continuato –  : da quando è stata sospesa la tregua si assiste a bombardamenti quotidiani senza alcun ‘riguardo’ per quelli che vengono definiti ‘obiettivi sensibili’. I bambini sono proprio fra questi: loro soffrono di quello che noi chiamiamo PTSD (post traumatic stress disorder)”.

I bambini hanno assistito a violenze di livello terrificante – ha precisato –rimangono profondamente traumatizzati. Alcuni non riescono più a dormire. Quelli che ci riescono, hanno incubi. Molti hanno perso l’udito a causa dei costanti bombardamenti. Altri ancora improvvisamente scoppiano a piangere. Tremando per la paura: c’è persino chi non riesce più neanche a parlare. Ovunque essi siano, i bambini vivono nel costante timore di non sapere quando colpirà il prossimo attacco”

Ma è pur vero che l’essere così piccoli può anche giocare a loro favore: se si interviene subito ci sono margini e possibilità maggiori di recupero.

“E Ai.Bi, presente con le sue attività  a Idlib, Binnish, Aleppo e ora anche (a causa dell’intensificarsi degli attacchi) con 9 interventi a Homs, e Rural Damasco, si occupa proprio di protezione dei minori – ha precisato Moroni e lo fa in due modi. Assicurando loro protezione fisica con la realizzazione di spazi sicuri e sotterranei come la ludoteca (a Binnish), dove giocare e stare con la loro mamma e papà e con la cura; secondo con il supporto psicologico e la formazione di operatori e familiari finalizzato a capire e interpretare fin dall’inizio anche i più piccoli segnali di disagio dei bambini e intervenire così tempestivamente”.

Per capire quello che provano ogni giorno questi bambini, bisognerebbe provare a immedesimarsi in loro e anche allora si avrebbe solo una lontana a e vaga sensazione di quello che si prova a vivere senza cibo, senza genitori, senza l’accesso a cure, senza una casa, una scuola, dei giocattoli. Senza niente. Solo con la speranza che prima o poi tutto questo finirà.

“Quello che ci insegnano i siriani – ha concluso Moroni – è la grande e straordinaria capacità di reagire. Sia quelli che vanno via dalla loro terra ma poi vi fanno ritorno per aiutare gli altri, sia quelli che rimangono. Una forza che ci spinge a non mollarli l loro destino e stare al loro fianco. Ogni giorno”