Siria. Il grido di 6 milioni di voci: “Voglio restare nella mia terra”. Ma l’ Europa inspiegabilmente non ascolta. La campagna di Ai.Bi. per 12mila persone

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Nessuno lo sa, perché non viene mai detto. Al centro delle cronache ci sono sempre e solo i milioni di migranti che emigrano, che premono sulle reti di protezione ai confini degli Stati con l’obiettivo di entrare in Europa, che attraversano il mare, molti dei quali trovano la morte. Al massimo si parla di quanti potranno beneficiare dei corridoi umanitari. Ma di tutti coloro che vogliono restare, la maggioranza dei siriani, sembra non ricordarsi mai nessuno. Perché?

È a loro che Amici dei Bambini ha pensato nel momento in cui ha attivato la campagna di Sostegno a Distanza in Siria per la prevenzione dell’emigrazione Io non voglio andare via, nell’ambito del progetto Bambini in Alto Mare.

Le ultime cronache ci raccontano ancora di morte. Altri 5 migranti, tra cui un neonato, hanno perso la vita nel mare Egeo, a 500 metri dalle coste nordoccidentali della Turchia, nel tentativo di raggiungere le coste elleniche di Lesbo.

Dopo che Slovenia, Croazia e Serbia hanno annunciato restrizioni all’ingresso dei migranti, anche la Macedonia ha chiuso la frontiera con la Grecia. Questa è diventata quindi la nuova prigione dei profughi siriani. La situazione è esplosiva soprattutto su due fronti: Idomeni e Atene. A Idomeni, un campo profughi da 1500 posti accoglie oltre 15mila persone. E’ diventato un mare di fango in cui l’emergenza umanitaria si è trasformata in emergenza igienico-sanitaria: bagni e cibo non bastano e molti bambini sono malati. Il porto turistico del Pireo, da parte sua, è ormai ridotto a un dormitorio all’aperto per più di 3mila persone. Tra i campi improvvisati c’è anche quello allestito nell’ex stadio del rugby di Atene, dove uomini, donne e bambini vivono ammassati negli spogliatoi con docce e bagni in comune.

Se i profughi siriani all’estero sono circa 4,18 milioni, gli sfollati interni al Paese ammontano a non meno di 6,5 milioni e le persone in stato di necessità 13,5 milioni, ben poco possono fare i corridoi umanitari. L’Italia ha dato la disponibilità ad aprire le porte, globalmente, a circa 1.000 profughi. Di questa quota, una parte sarà di certo riservata ai rifugiati siriani, ma rappresenterebbe solo una minuscola goccia nel mare di solidarietà di cui necessita la popolazione siriana.

Altre gocce, tante altre gocce, sono quelle che Ai.Bi. – unica Ong italiana partner delle Nazioni Unite in questa emergenza – si propone di garantire con la sua campagna di Sostegno a Distanza per la prevenzione dell’emigrazione Io non voglio andare via. Ad Aleppo, una delle principali città della Siria e anche una delle più colpite da 5 anni di guerra, Ai.Bi. ha avviato una serie articolata di interventi umanitari di prima e seconda emergenza. I primi, in particolare, pensati per coloro che non hanno più una casa e neppure una tenda in cui dormire. In collaborazione con Unocha (Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari) e il partner Shafak, Ai.Bi. distribuirà aiuti alimentari a oltre 3mila sfollati interni. A beneficiare degli interventi di Amici dei Bambini in Siria saranno non meno di 12mila persone.

Se non vogliamo che i siriani, e soprattutto i bambini, continuino a morire in mare, dobbiamo dare loro un’alternativa all’emigrazione, che sempre più è una trappola mortale. Anche se nessuno parla della possibilità di aiutare i siriani nel loro Paese, i numeri ci dicono che farlo è indispensabile. Sei milioni e mezzo di persone hanno le radici profonde in quella terra e non vogliono lasciarla. Per assicurare loro la sopravvivenza oggi e la speranza per il domani, le donazioni “spot” non bastano più. Serve un sostegno continuativo: un Sostegno a Distanza, un piccolo impegno per ognuno di noi, ma capace di assicurare un futuro a diverse migliaia di sfollati interni.

 

Fonte: Avvenire