Siria. La generazione perduta è a rischio anche all’estero: solo il 30% dei bambini rifugiati in Turchia va a scuola. Aiutarli nella loro terra ora è possibile

Bambini scuola siria

Sostegno a distanza Siria – La generazione perduta rischia di non ritrovarsi neppure fuori dal proprio Paese. Se milioni di bambini siriani non hanno nei loro ricordi nient’altro se non guerra, violenza e distruzione, è sempre più evidente che l’emigrazione non è la strada attraverso la quale ritrovare la serenità e l’infanzia perduta. Il rischio, più volte paventato dagli esperti, di “saltare” una generazione di siriani non risparmia i minori che hanno trovato rifugio altrove. E’ per questo che Amici dei Bambini ha posto tra le sue priorità l’aiuto a quella parte della popolazione siriana che ha deciso di restare nel proprio Paese. Lo fa attraverso la campagna di Sostegno a distanza per la prevenzione dell’emigrazione Io non voglio andare via, nell’ambito del progetto Bambini in Alto Mare.

A dare un’idea di come lasciare la propria terra non sia certamente sinonimo di trovare le porte aperte verso il futuro, ci sono i dati sulla scolarizzazione dei piccoli rifugiati siriani in Turchia. Solo il 30% di loro, infatti, ha accesso all’istruzione. Lo ha detto Fuat Oktay, capo dell’Autorità turca di gestione dei disastri e delle emergenze (Afad, Turkey’s Disaster and Emergency Management Authority), nel corso di una conferenza sui rifugiati siriani che si è tenuta a Washington, negli Stati Uniti. Nel corso del dibattito, organizzato dalla Fondazione per la ricerca politica, economica e sociale (Seta, Foundation for Political, Economic and Social Research), Oktay ha sottolineato la gravità del problema. “Ogni bambino siriano che non riusciamo a raggiungere e a iscrivere a una scuola – ha evidenziato – è un rischio per la Turchia e per il mondo”. Attualmente nel Paese a cavallo di Europa e Asia vivono 3 milioni di siriani, il 30% dei quali sono bambini in età scolare.

Gli ultimi dati dicono che l’Ue avrebbe promesso altri 3 miliardi di euro in aiuti fino alla fine del 2018 a favore dei rifugiati siriani in Turchia. Ben vengano, ma non si può dimenticare la maggior parte della popolazione siriana: quella che ha deciso di restare nel proprio Paese. Come recentemente mostrato anche da Ai.Bi., infatti, le risorse destinate ai rifugiati interni sono sempre troppo poche. Da qui la necessità di aumentare gli aiuti per chi non vuole lasciare la propria terra, attraverso un supporto continuativo: il sostegno a distanza per la campagna Io non voglio andare via.

Ecco perché, dunque, è sempre più necessario aiutare quei siriani che hanno deciso di non sfidare il mare e di restare nella propria terra. Sono circa 8 milioni i siriani che hanno perso tutto, anche la loro casa, e che sono stati costretti a trasferirsi da una zona all’altra del Paese. Di questi, almeno 3 milioni, sono bambini. Nelle zone tra Idlib e Aleppo, Ai.Bi. ha attivato interventi di prima e seconda emergenza: proseguono infatti le distribuzione di ceste alimentari e di razioni “ready to eat”. Nel frattempo, vanno avanti gli interventi di supporto ludico ed educativo nella ludoteca sotterranea di Binnish e la produzione di pane per le famiglie più bisognose.

 

Fonte: Hurriyetdailynews