Siria. Migrazione fa sempre più rima con detenzione: in un popolo che sogna un futuro nella sua terra, 8 milioni di bambini non vogliono diventare una generazione perduta

siria ceste alimentari 1bisSostegno a distanza Siria – “Detention center”. Centri di detenzione. È questo ciò che aspetta i profughi che sbarcano in Grecia, in attesa di conoscere il loro futuro. Lo prevede, tra le altre cose, il nuovo accordo sui migranti stipulato a metà marzo tra Unione Europea a Turchia. Un accordo che rischia di trasformare la fuga dal proprio Paese sempre più in una trappola: interminabili attese prima di sapere se si potrà o meno entrare in Europa come rifugiati. Di fatto, una realtà non molto migliore di quella lasciata nel proprio Paese. In uno di questi Paesi, la Siria, non a caso soffia sempre più un vento contrario: quello di milioni di persone che non vogliono lasciare la propria terra, coscienti che emigrare molto spesso di traduce in morte, annegati nel Mediterraneo, o in un limbo interminabile tra la disperazione e la speranza. Assicurare una vita dignitosa in Siria, invece, oggi è possibile. Lo si può fare attraverso un contributo per la campagna di sostegno a distanza per la prevenzione dell’emigrazione Io non voglio andare via, che Amici dei Bambini ha attivato nell’ambito della campagna Bambini in Alto Mare.

Per i richiedenti asilo, dopo le pratiche di identificazione, c’è una zona di container, delimitata da reti di filo spinato, da cui non possono uscire prima di aver ricevuto una risposta sulla loro domanda di protezione. Nessuna eccezione prevista, neppure per i minori non accompagnati. E quando un giovane siriano si sente male – cosa accaduta nella notte tra il 20 e il 21 marzo  nell’hotspot greco di Moria – i poliziotti non sanno cosa fare. “Non è chiaro chi gestirà questi  nuovi centri. Se polizia, esercito, ministero dell’Interno, Migrazione”, si legge in un rapporto redatto dopo il vertice tra la polizia ellenica e l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, tenutosi ad Atene lunedì 21 marzo. Nel frattempo la marea umana aumenta. Sono già 50mila i migranti bloccati attualmente in Grecia: 700 sono arrivati il 20 marzo, altri 54 il 21. E 930 sono già dietro i cancelli del “detention center” di Moria.

Nei Paesi confinanti con la Siria la situazione non è migliore. In Libano almeno 200mila bambini siriani non hanno la possibilità di studiare e il sistema di accoglienza è sotto pressione enorme. “L’accesso a un’educazione di qualità a tutti i livelli è fondamentale per i giovani siriani – ha detto Donna McGowan, direttrice del British Council in Libano -. Dà speranza ai rifugiati e alle loro famiglie che vogliono avere un futuro in Siria. Devono acquisire le conoscenze e le competenze necessarie a ricostruire il loro Paese quando la guerra sarà finita. Non devono diventare una generazione perduta”.

La generazione che rischia di perdersi, in un Paese entrato nel sesto anno di guerra civile, conta 3 milioni di bambini rifugiati e migliaia reclutati dai gruppi di combattenti. I piccoli siriani che hanno bisogno di assistenza umanitaria sono non meno di 8 milioni.

Una goccia di speranza in questo mare possiamo donarla anche noi. Per aiutare una parte di quei 6,5 milioni di siriani che hanno perso tutto – la casa, un tetto sotto cui ripararsi, un letto in cui dormire, un fornello su cui scaldare un bicchiere di latte per i bambini – serve un sostegno continuativo. La soluzione è il sostegno a distanza per la campagna Io non voglio andare via. Ai.Bi., unica ong italiana operativa in Siria in collaborazione con le Nazioni Unite, unendo le forse con Unocha ha avviato la distribuzione di ceste alimentari a favore di 12mila persone. È uno dei tanti interventi di prima e seconda emergenza attivati nelle zone di Idlib e Aleppo, finalizzati ad aiutare quei siriani che hanno deciso di non andare via. Non lasciare il proprio Paese per loro vuol dire coltivare la speranza di poter costruire un futuro di pace nella propria terra. Aiutarli oggi è possibile, restituendo loro il diritto al cibo, all’educazione, alla salute, alla casa, al gioco per i bambini.

 

Fonti: La Stampa, Al Arabiya