Siria, strage di bambini. Il racconto dei soccorritori: “Curiamo le intossicazioni da gas con l’acqua”. L’appello del Papa: “Sostenere chi si sta sforzando di far giungere aiuti”

attacco2Avevano la bava alla bocca, sanguinavano dal naso. Abbiamo tentato, li abbiamo spogliati per eliminare gli abiti contaminati, li abbiamo lavati con l’acqua, li abbiamo rianimati ma per tanti di loro non c’era più niente da fare”. A parlare è Majd, un volontario Casco Bianco di Idlib, che ricorda ancora con la voce rotta dai pianti, i momenti drammatici degli attacchi e la corsa nel tentativo disperato di salvare quanti più bambini possibile. Perché proprio loro sono stati le maggiori vittime di questa efferatezza.

I bombardamenti aerei sono iniziati tra le 7 e le 8 di ieri mattina (04 aprile ndr). Quattro attacchi che hanno squarciato il cielo della cittadina di Khan Sheikhoun mentre tutti erano ancora nelle loro case e mentre i bambini si preparavano per la scuola. “In tanti sono soffocati nei loro letti” – continua Majd.

Appena vengono sganciate le prime bombe, medici e guardia civile si fiondano in strada. “Era l’inferno, c’erano corpi ovunque. I bambini sopravvissuti sono tutti ancora in stato di choc”. Non si sa ancora che tipo di gas sia stato usato ”molti pazienti non presentavano odore di gas clorino e avevano le pupille strettissime”, spiega Majd.

Ma non solo. Durante i raid, secondo le prime testimonianze, sono stati colpite cliniche ed ospedali, nonostante i richiami della comunità internazionale. “Al mondo non interessa della Siria – continua Majd – Qua non c’è più nulla. I feriti sono stati portati al di fuori dell’area perché a Khan Sheikhoun a Idlib non esiste un ospedale in grado di trattare casi così graviattacco1

Ho guidato fino al primo ospedale per essere curato. Qui non ci sono medicine – racconta un altro volontario –: si curano le intossicazioni da gas con l’acqua, facendoti lavare il viso e spogliandoti dei vestiti. Non abbiamo neanche le mascherine anti gas”.

La situazione sanitaria in tutta la regione di Idlib, nel nord della Siria è estremamente complicata. “Quando sono entrato in ospedale – spiega il dottor Fares al Jundi che lavora a Idlib – ho trovato i feriti per terra: erano tutti stesi sul pavimento mentre li lavavano con l’acqua. Le strutture mediche in Siria continuano a essere colpite e i medici a morire

Sulla strage siriana è intervenuto anche il Papa “Assistiamo inorriditi agli ultimi eventi in Siria. Esprimo la mia ferma deplorazione per l’inaccettabile strage avvenuta nella provincia di Idlib, dove sono state uccise decine di persone inermi, tra cui tanti bambini”.

 “Prego per le vittime e i loro familiari – ha aggiunto – e faccio appello alla coscienza di quanti hanno responsabilità politiche, a livello locale e internazionale, affinché cessi questa tragedia e si rechi sollievo a quella cara popolazione da troppo tempo stremata dalla guerra. Incoraggio, altresì, gli sforzi di chi, pur nell’insicurezza e nel disagio, si sforza di far giungere aiuto agli abitanti di quella regione“.

Come Ai.Bi. che da più di quattro anni opera proprio nelle province di Aleppo, Idlib, Homs e Rural Damasco, fornendo supporto alimentare e psicologico e promuovendo iniziative di autosostentamento. Lo fa in collaborazione con dei partner locali: le associazioni Shafak, Ihsan, SAED Organization e Kids Paradise e ha già portato aiuti umanitari a oltre 35mila bambini siriani sfollati e alle loro famiglie. Fondamentali gli interventi finalizzati al supporto psicologico ai bambini, per il recupero dallo stress post traumatico e il progetto di costruzione di un nuovo ospedale pediatrico scavato nella roccia di una collina, al riparo dalle bombe.

IMG_3557L’ultimo progetto di Ai.Bi. in Siria è partito proprio qualche giorno fa, 1° aprile, in collaborazione con Kids Paradise, nelle aree rurali della regione di Idlib, nel nord-ovest del Paese e si rivolge proprio alle donne. Le persone beneficiarie del progetto saranno complessivamente 4.320.

Ma per fare tutto ciò, è necessario anche il vostro aiuto: è possibile sostenere i vari progetti attivando un sostegno a distanza o effettuando una donazione libera al progetto “Non lasciamoli soli”.

Fonte: Avvenire, Il fatto, Corriere