Oggi sono un codice. Un numero. Ma voglio tornare a essere un “figlio”

La storia di Pedro, bimbo di 12 anni e mezzo dichiarato adottabile in Perù

Ciao,

io mi chiamo Pedro, ho 12 anni e mezzo e vi scrivo per raccontarvi una storia. Una storia triste. Che, purtroppo, è la mia storia.

Nel luogo in cui ora mi trovo sono stato catalogato come “adolescente sin problemas de salud“. Mi è stato assegnato il codice 25 e sono inserito nel database dell’Autorità peruviana per le adozioni da quasi due anni, sperando che qualche operatore dal cuore grande, si interessi al mio caso e mi cerchi una famiglia.

Insieme a me, col codice 254 ci sono tre fratelli, fratelli che sono legatissimi tra loro e cercano una famiglia così speciale da poterli accogliere tutti insieme… Hanno 13, nove e sei anni, ma da tempo gli operatori del Servizio stanno cercando una famiglia per loro. Purtroppo, però, la situazione è molto complicata… e il tempo scorre, i tre fratellini diventano anno dopo anno più grandi e le possibilità di incontrare una famiglia svaniscono ad ogni ticchettio dell’orologio…

Con noi, con il codice 167, c’è anche una ragazzina. Ha poco più di 14 anni, ed è stata schedata come sana. Purtroppo, però, ha una vitiligine sulla pelle delle braccia. Un “difetto” che, così dicono, le ha impedito di essere adottata quando era più piccola. Lei è qui da molto più tempo di me, in questo sistema di protezione, dove ci hanno assegnato dei numeri identificativi. Il suo volto, ormai, ha un’espressione triste perché sa che più diventa grande e più si riducono le speranze di trovare una famiglia che la accolga. Che la ami. Che la abbracci.

Io questa speranza, fortunatamente, ancora non l’ho persa.

Anche se ogni mese questo database viene aggiornato ed entrano nuovi “iscritti”, ad allungare le attuali venti pagine di minori peruviani che sono in attesa di una famiglia, io non mollo! E non intendo mollare.

Non posso credere che, dopo essere stato abbandonato dalla mia mamma, sola e in gravi difficoltà e che aveva preso la difficile decisione di farsi aiutare dai Servizi sociali solo quando io avevo già otto anni, non troverò mai più nessuno che possa aprirmi le braccia. Qualcuno che possa chiamarmi “figlio mio”.

Eppure oggi sono solo un numero. Una riga su un file Excel. Una riga che spiega semplicemente se io sia un maschietto o una femminuccia, che età io abbia e da quale regione provenga. Ma davvero sarò sempre e solo questo? Davvero, per voi, devo essere identificato come un codice ed attendere che qualcosa o qualcuno si muova?

Ma io sono di più del numero 25. Sono un bambino che ha una voglia di abbracci e di baci infinita… Ho voglia di correre dietro a un pallone da calcio con un papà e di andare al parco giochi con la mamma che mi spinge sull’altalena. Non provate a dirmi che sono troppo grande per questo!

Sapete, quando mi hanno registrato ero contento di essere il numero 25. Quel numero mi ricordava il giorno di Natale, il momento in cui si festeggia la nascita di nostro Signore e si trascorre un giorno tra i propri cari, godendo dell’affetto della famiglia. Oggi odio questo codice che, come un marchio a fuoco, è penetrato nella mia carne, diventando sempre più pesante, giorno dopo giorno, e facendomi soffrire.

Davvero nessuno riesce a vedere oltre questo codice? Davvero nessuno vuole scoprirmi e rendermi figlio? Davvero devo rassegnarmi a rimanere qui, sotto al ragazzino numero 24, di 15 anni, che sta imparando a diventare falegname e prima del numero 26, che è una bella bambina di quattro anni, sulla quale però grava il peso di quella diagnosi terribile, “epilepsia de tipo no especifidado”?

No, io non ci credo. No, io non mi arrendo. Anche se la speranza di avere una famiglia si fa sempre più flebile. A voi, futuri genitori adottivi, chiedo: sono solo un codice io? E può essere davvero un altro numero, la mia età, ad impedirvi di accogliermi come vostro figlio? Temete che io sia troppo grande per volervi bene? Quello che chiedo, in fondo, è molto semplice. Si tratta di poche cose. Ma poche cose importanti: coccole, abbracci, un pallone da calciare con papà. E un parco giochi da visitare. Con la mamma. La mia mamma. Quella che, ancora, sto aspettando.

Vieni mamma, vieni papà. Venite a prendermi.

Vostro,

Pedro (Codice 25)