Sri Lanka, 20mila civili massacrati per sgominare le Tigri Tamil

(Colombo) File ordinate di rettango­li nella sabbia, come un immenso orto ab­bandonato. Mucchi oblunghi di terra, alla rinfusa. Resti di baracche, carcasse d’au­to, palme senza foglie. Le foto diffuse ieri dal quotidiano britannico “Times” sembrano mostrare una zona tropicale dopo un tifone. Invece, sono quel che resta dell’ultima roccaforte delle Tigri Tamil e del vicino campo profughi per 100 mila persone (chiamato con maca­bra ironia «no-fire zone», zona sicura), nel Nord Est di Sri Lanka. Il luogo della battaglia finale. I rettangoli sono tombe: quelle delle Tigri disciplinate come lo era il loro esercito, quelle disordinate della gente. Grazie a queste immagini, a docu­menti dell’Onu finora riservati, a vari esperti e testimoni, il quotidiano rivela: «I civili uccisi nell’attacco finale sono alme­no 20 mila, tre volte la cifra ufficiale. Il go­verno non ha fermato i bombardamenti il 27 aprile, come dice, ma li ha intensificati fino al 19 maggio. A uccidere quelle per­sone, mille al giorno, non sono state le Tigri ma soprattutto le forze rego­lari negli ultimi, micidiali attacchi per cielo e terra».

A undici giorni dalla vittoria fi­nale sulle «Tigri di liberazione dell’Eelam Tamil» (Ltte), annien­tate dopo 25 anni insieme al lo­ro leader Prabhakaran, l’«unione e la pace» dell’isola sono ancora oggi celebrate a Colombo e nel Sud. Ogni accusa o sospetto respin­ti come «propaganda pro-Ltte». «E ora che l’onnipotente presidente Mahinda Rajapaksa ha avuto il soste­gno a Ginevra del Consiglio Onu per i di­ritti umani, che mercoledì ha bocciato la richiesta europea di indagare il suo gover­no per crimini di guerra, la sua arroganza è totale», dice un volontario italiano che come tutti qui chiede l’anonimato. «Quel­lo che scrive il Times è terribile ma crucia­le per rompere la cortina di terrore che da mesi impedisce di sapere cosa succede al Nord. Nonostante le protezioni dei Paesi amici, guidati dalla Cina, spero che ora Ban Ki-moon aprirà un’inchiesta».

Il capo dell’Onu era arrivato a Colombo sabato scorso, poco gradito ma inevitabi­le. Aveva visitato (20 minuti) il «villaggio della solidarietà» di Manik Farm a Vavuni­ya, che rinchiude 265 mila profughi. Ave­va sorvolato la zona dell’ultima battaglia. Aveva visto Rajapaksa, ricevendone rassi­curazioni sulla sorte dei Tamil sopravvis­suti. Poi la vittoria a Ginevra, l’annuncio che lo stato d’emergenza resterà, le prime testimonianze emerse dal fronte Tamil al­l’estero e da fonti indipendenti. Come quelle che provano l’uccisione a sangue freddo di due leader politici del Ltte con le loro famiglie, nelle ultime ore: erano usciti con le bandiere bianche, sono stati accolti dai mitra.

«Notizie terribili filtrano anche da Ma­nik Farm, diventato il più grande carcere a cielo aperto del mondo – racconta un altro operatore europeo -. Mancano ac­qua, cibo e medicine perché le agenzie umanitarie hanno accesso limitato. Sono iniziati casi di Tbc e tifo. Sappiamo di rapi­menti di bambini e di omicidi perché i pa­ramilitari hanno mano libera». «E’ una si­tuazione disperata – conferma al telefo­no un terzo operatore, uno dei pochi che ha accesso al campo -. Ci lasciano entra­re per qualche ora, sempre sorvegliati. Il nostro pieno accesso ai profughi è lonta­no ». Di più non dice: tre medici locali che avevano rilasciato (vaghe) dichiara­zioni ai media sono «spariti». Ma dal tam-tam di opera­tori e diplomatici è arrivata la notizia di 11 donne trova­te sgozzate: aveva­no i capelli corti, «prova» di apparte­nenza alle Tigri. Si sa che le scuole di Vavunya sono state trasformate in pic­cole Guantanamo per i maschi sopra i 14 anni. «Il gover­no crede che ci sia­no ancora un mi­gliaio di Tigri tra i civili, li controlla­no uno per uno – dice un diplomati­co ». Avevano parla­to di detenzione forzata dei Tamil per 2 o 3 anni, poi di sei mesi, ora ve­dremo ». E poi i bambini. Un quinto di loro, sti­ma Stein Leid di Save The Children, sono dispersi o orfani. «La fuga verso il campo è stata così dominata dal panico che ho incontrato una madre che aveva perso il neonato – dice -. Centinaia di piccoli va­gano soli, terrorizzati». E c’è di peggio. La Coalizione per fermare l’uso dei bambi­ni- soldati dichiara di avere prove che mol­ti bimbi sono prelevati nel campo dai pa­ramilitari per interrogarli o chiedere un ri­scatto. Tra le milizie, c’è quella del Colon­nello Karuna, l’ex numero due del Ltte, dal 2004 passato al governo e ora mini­stro della Riconciliazione.

Il presidente nega tutto. Dichiara che «a Sri Lanka non ci sono differenze etni­che, solo tra patrioti e non patrioti». Si di­ce pronto ad accettare l’aiuto internazio­nale, «senza interferenze». Karuna pro­mette perfino elezioni tra i Tamil. Ma no­nostante i media locali tacciano (9 giorna­listi uccisi dal 2006) e la barriera di terro­re resti, forse qualcosa sta cambiando. Do­po le rivelazioni del Times, alti dirigenti Onu e sempre più Ong internazionali chie­dono ora con forza un’inchiesta su Raja­paksa e il suo governo.

Fonte: Corriere.it