Erode nel padovano: neanche il Natale ferma l’orrore della strage degli innocenti

Padre separato uccide i figli di 15 e 13 anni, poi si toglie la vita. Ma un figlio non è una proprietà e l’essere genitori non è solo un fatto naturale

Erode, il re tristemente noto per la strage degli innocenti, stavolta, si è manifestato a Trebaleseghe, cittadina di poco più di 12mila abitanti in provincia di Padova. Qui, in una villetta, viveva, separato dalla moglie, Alessandro Pontin, 49 anni. Era padre da 15: da quando, cioè, era nata Francesca, la sua primogenita, seguita, due anni dopo, da Pietro. Due figli prima tanto desiderati e poi brutalmente ammazzati. Domenica 20 dicembre, ieri, a pochi giorni dal Santo Natale, le vite di queste due creature innocenti sono infatti state cancellate in pochi istanti. A mettere fine alle loro esistenze è stato proprio lui, Alessandro, di cui i ragazzi erano ospiti per il fine settimana. Li ha svegliati nel sonno, poi li ha inseguiti mentre cercavano di fuggire. E li ha finiti a coltellate. Poi, distrutto da un dolore e da una furia che lo hanno divorato, si è tolto la vita a sua volta.

Una storia, questa, che nessuno avrebbe mai voluto leggere. Soprattutto in un periodo, quello natalizio, solitamente dedicato alla riscoperta della concordia famigliare. Eppure è accaduto. Una vita apparentemente normale, la sua: un lavoro (falegname-palchettista), una passione (la filosofia orientale) e una nuova compagna. Ma, evidentemente, dietro a quell’immagine di apparente tranquillità, si celava il buco nero che ha partorito il mostro. Che ha trasformato quest’uomo in strumento del male.

Strage degli innocenti: difficile capire le motivazioni, di fronte a tanto orrore. Ma bisogna farlo. Per prevenire…

Si è parlato di dissidi con l’ex moglie per gli alimenti dei figli. Difficile, però, di fronte a tanto orrore, comprendere le motivazioni. E anche trovare le parole è difficile. Ma bisogna trovarle. Bisogna sforzarsi di capire quello che, apparentemente, è incomprensibile. Capire per prevenire. Per evitare che la strage degli innocenti prosegua. Perché, certo, le colpe materiali di queste stragi sono di chi le ha commesse. Ma una riflessione, alla base, su questa società che continua a produrre solitudine e disperazione deve esserci. In tempi recenti la maggior parte di questi assasinii sono stati compiuti da padri separati. Come Mario Bressi, il papà killer di Lecco. Come Claudio Baima Poma, il padre che sparò al figlio undicenne a Rivara Canavese. Quando si scioglie una famiglia, quando viene meno la comunità di due persone che scelgono di accogliere nella propria vita la gioia di un figlio, finisce qualcosa di grande e si scatena un dolore potente, lacerante. Anche se la società in cui viviamo, spesso, vuole farci credere che non sia così. Che porre fine a una famiglia sia una mera formalità. Ma così non è.

Poi c’è un altro tema: quello del dover iniziare a capire che un bambino, una vita umana nel fiore degli anni, non è una proprietà. Neppure di chi, quel bambino, lo ha messo al mondo. Già, ma se queste sono riflessioni di natura culturale, quali possono essere le soluzioni? Forse è giusto che, in un caso di separazione conflittuale, come Ai.Bi. – Amici dei Bambini caldeggia da anni per le vicende legate all’affido di minori in difficoltà famigliare, sia sempre prevista la figura dell’avvocato del minore. Anche perché, come questi casi di cronaca dimostrano, il ruolo della sola magistratura non è evidentemente sufficiente a tutelare e proteggere i bambini coinvolti.

Strage degli innocenti: essere genitori non è un mero fatto naturale

C’è, inoltre, il tema dell’accoglienza di un bambino nella propria comunità famigliare, che non deve ridursi a un mero fatto naturale. Ma deve essere una scelta profonda e accompagnata. Quando una coppia decide di adottare un bambino, del resto, viene sottoposta a tutta una serie di esami. Di colloqui. Perché, alla fine, è l’interesse del minore che deve prevalere. Perché allora non esiste un percorso simile anche per chi un figlio lo vuole mettere al mondo biologicamente? Ad ogni buon conto qualcosa va fatto. Qualcosa va studiato.

Ora, però e come è giusto che sia, è il momento del dolore e del raccoglimento per questa famiglia distrutta nel momento della gioia: sotto Natale. Per loro, per Francesca e Pietro, non ci saranno un presepe o un albero da decorare, ma un funerale. Per questi due angeli purtroppo, non resta che pregare. Per evitare ad altri la loro fine, invece, bisogna fare qualcosa di diverso. Pensare. Senza perdere tempo.