Thailandia. Madre surrogata rivuole la bimba, non sapeva fosse per una coppia gay

bambinoMentre agli “alti” livelli istituzionali e decisionali europei si discute se e quali diritti riconoscere alle coppie omosessuali, a farne le spese (nell’ ‘assecondare’ i capricci degli adulti) continuano ad essere loro: i bambini. Arriva dalla Thailandia, infatti, l’ennesima e triste storia di “compravendita” di neonato e di pagamento di madre surrogata. Che però, questa volta a differenza di altre vicende simili, ha un sussulto di dignità: dopo aver consegnato il fagottino appena partorito, lo chiede indietro avendo scoperto che la coppia destinataria erano due uomini. Insomma, la neonata trattata come un pacco postale che torna al mittente.

La storia, a grandi linee, è questa: una coppia di omosessuali si reca in Thailandia per prelevare la bambina nata da madre surrogata. I due, che hanno già un bambino avuto con le stesse modalità in India, sono andati però incontro a una sorpresa. La donna, una settimana dopo averla consegnata, cambia idea e la chiede indietro rifiutandosi di firmare le carte che permettono alla bimba di lasciare il Paese. Tutto questo dopo aver scoperto che la bimba sarebbe entrata a far parte di una famiglia con due genitori omosessuali.

Uno dei due uomini ha spiegato le parole della donna: “Ha detto che pensava che fossimo una “famiglia tradizionale” e che era preoccupata per la piccola”.

Una storia che mortifica il valore dell’esistenza dei bambini e che fa riflettere quanto i desideri degli adulti possano avere delle conseguenze sulle loro piccole vite. Una storia che si carica ancora di più di valore all’indomani di quanto ha stabilito (21 luglio), la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo: l’ Italia dovrà introdurre forme per tutelare le unioni omosessuali, anche se non necessariamente veri e propri matrimoni. E’ una sentenza chiara che si inserisce nell’infuocato dibattito politico in corso sul tema. I giudici, nel dare ragione parzialmente a tre coppie gay che si erano rivolte loro perché era stata rifiutata la registrazione dell’unione nell’anagrafe nei comuni di residenza, hanno dichiarato però “inammissibile” il diritto alle nozze, perché la Convenzione europea per i diritti dell’uomo “non impone un obbligo agli Stati di garantire l’accesso al matrimonio alle coppie dello stesso sesso”.

Inoltre la Corte ricorda che le registrazioni delle unioni dello stesso sesso, avvenute in un piccolo numero di municipalità, ha “un valore meramente simbolico in quanto non conferisce alcun diritto alle coppie omosessuali”.

I giudici di Strasburgo inoltre osservano che in 24 dei 47 membri del Consiglio d’Europa esiste un riconoscimento (ma solo in 11 si parla di “matrimonio”) . Tradotto: l’Italia non è costretta a introdurre per le coppie omosessuali il pieno diritto a contrarre matrimonio come le coppie eterosessuali.

Una sentenza che però bacchetta il Bel Paese con un’ammenda da pagare per l’assenza di forme che tutelino le unioni omosessuali e che è al centro di un infuocato dibattito.

Secondo  Grégor Puppinck, direttore generale del Centro europeo per la legge e la giustizia (Eclj), “la Corte europea dei diritti dell’uomo non opera più secondo basi giuridiche, ma politiche, al servizio di un’ agenda specifica che stravolge i diritti umani originari della Convenzione siglata a Roma nel 1950”. Carlo Giovanardi (senatore del Ncd), invita a guardare meglio ai contenuti della sentenza: “Fra i diritti fondamentali delle coppie omosessuali la Corte esclude esplicitamente le adozioni e non prende in considerazione le pratiche dell’utero in affitto e la reversibilità”. Per Antonio De Poli (Udc) “la Ue non deve imporre modelli culturali” e Maurizio Sacconi (Ncd) vede nella sentenza la conferma del fatto che “i Paesi possono liberamente regolare l’istituto matrimoniale riservandolo, come in Italia, alle sole coppie eterosessuali”.