Ucraina. Quando la mamma non c’è e il papà è in prigione io non sono più figlio, racconta il piccolo Otto.

Il Centro di assistenza per famiglie e bambini di “Dobre Vdoma”- traduzione del nome “si sta bene a casa”-  si trova nella regione di Dnipro, in Ucraina.

Qui vengono accolti temporaneamente bambini e  adolescenti provenienti da situazioni familiari di grave disagio e abuso e che vengono accompagnati al reinserimento in famiglia attraverso un percorso di sostegno e rielaborazione dei trami per il bambino e programmi di riabilitazione per famiglie di origine, o preparati, laddove non è possibile un reinserimento, all’accoglienza in una nuova famiglia.

I bambini presi in carico arrivano da situazioni familiari critiche e quando le possibilità di sostegno e aiuto alla famiglia biologica sono quasi esaurite e l’unico modo per tutelare e proteggere il minore è l’accoglienza temporanea nel centro.

Lo sai perché sei qua? Chiede lo psicologo del centro.

“Perché la mamma beve. Beve vodka. E il papà? Il papà è in prigione.” Così risponde Otto Olezhyk seduto sulla poltrona. Palesemente teso e impaurito: testa bassa e mani tremolanti.

Al Centro i bambini arrivano accompagnati da un’assistente sociale. Rispondono a semplici domande, riportando tutti lo stesso desiderio: “che mia madre smetta di bere”. Uniti da un passato spesso comune – alcool, violenza domestica, soprusi, negligenza, abbandono – questi bambini credono che se i genitori smettessero di bere potrebbero essere finalmente amati e curati da madri che amano nonostante i soprusi e l’incuria.

Il centro ospita ventitré bambini: hanno a disposizione campi da gioco e sostegno psicologico costante. Un team di fisioterapisti, logopedisti, educatori e psicologi percorrono con i bambini la strada per la riabilitazione a seguito dei traumi subiti, raccogliendo i loro desideri più profondi e le loro necessità.

Quando i bambini arrivano al centro è necessario spiegargli perché sono lì, per dargli stabilità e certezza per il futuro.

“La cosa principale è dire la verità al bambino – dice Dario Doschuk alla giornalista Irina Andrejci che lo intervista -: “Sei qui per un lungo periodo, di nove mesi, durante il quale cercheremo di tornare a casa.. Faremo di tutto per aiutare tua madre…  Se non possiamo, troveremo una famiglia che si prenda cura di te.”

I bambini “sanno tutto”: da ciò che è accaduto alla famiglia, alla riabilitazione, alla consapevolezza della possibile cessazione dei diritti dei genitori. Solitamente servono tre mesi per capire se una madre potrà riprendere il bambino con sé, in alternativa i bambini saranno affidati ad un’altra famiglia.

Consapevoli della possibilità, la giornalista racconta che il secondo giorno del suo soggiorno nel centro della bambina di quattro anni ha chiesto direttamente: ” Sei mia madre?”, convinta che qualcuno fosse lì a prenderla.

Insegnare ai bambini a comunicare è un altro grande passo: alcuni pensano che il giusto modo di discutere sia attraverso “la violenza”. “Di norma, se i genitori bevono, i bambini sono aggressivi – spiega lo psicologo – Vittime di violenza, i bambini pensano che picchiare e insultare sia la norma. Essi non si insegna a comunicare in modo costruttivo”. Non è solo ciò che i bambini hanno visto a renderli violenti, ma il loro sentirsi responsabili di quella situazione, dall’allontanamento dai genitori: “L’aggressione è uno dei sintomi che mostra come i ragazzi stessi pensino che la colpa di ciò che è accaduto nella famiglia sia loro”.

Sono bambini che non hanno vissuto “da bambini” ma che hanno il diritto di tornare “bambini e figli”. Sono bambini che non hanno vissuto “da bambini” ma che hanno il diritto di tornare “bambini e figli”.

E’ quanto Amici dei Bambini, attiva da oltre 20 anni in Ucraina, si propone di fare ogni giorno attraverso il sostegno e l’adozione a distanza: restituirgli parte della loro infanzia perduta facendo sì che possano tornare a vivere in famiglia, curati ed amati da mamma e papà.  Vuoi fare la tua parte? Attiva un’adozione a distanza e aiuta Dmytro, Valeriy e Artem che oggi non sono ancora figli.