Ucraina, portare via un bambino dall’istituto

abbraccio elena marconi“Seguire l’ultima fase dell’iter adottivo e’ stato istruttivo, seppur molto difficile.” Inizia così la riflessione di Silvana Raimondi, volontaria espatriata di Ai.Bi. in Ucraina, a seguito dell’adozione del piccolo Ivan.

“E’ stato duro l’incontro in istituto, quando siamo andati a prendere Ivan per portarlo alla sua famiglia adottiva. La sorella Tatiana, di 14 anni e’ rimasta lì…aveva dato il suo consenso all’adozione del fratello dimostrando grande lungimiranza, sensibilità e affetto..tuttavia e’ stato straziante il distacco dal fratello e la prospettiva di continuare a vivere in istituto. Senza di lui.

Davvero difficile assistere al loro distacco.

Il papà adottivo di Ivan, ci ha fatto sapere che la famiglia che ogni anno ospita la sorella in occasione dei soggiorni terapeutici ha iniziato a fare i documenti per adottarla ma sicuramente passeranno anni prima che l’adozione sia conclusa e probabilmente quando arriverà il momento Tatiana sarà già maggiorenne.

E’ duro vedere i bambini che rimangono.. considerati troppo grandi per essere adottati eppure con lo stesso identico bisogno di essere accolti da una famiglia di un bimbo in fasce. Qualcosa dentro di loro si congela, il loro bisogno di amore e di famiglia non cambia, resta lì inalterato nonostante il passare degli anni. E’ come un buco che non si può riempire, che resta lì qualunque cosa accada e quando vedi un amico che parte con una famiglia adottiva il vuoto comincia a farsi sentire più forte che mai. Come un lutto che si rinnova con la stessa identica forza ogni volta, ogni ora, ogni momento.

Pensavo che portare via un bimbo da un istituto fosse una gioia e certamente lo e’, in parte. Ma é grande anche la tristezza inconsolabile che da questi bambini mi hanno passato. C’erano dolci, le torte con la frutta, patatine per la festa di saluto di Ivan, eppure l’atmosfera non era affatto gioiosa e al centro dell’attenzione dei compagni di istituto non c’era il bambino, bensì il suo padre adottivo ed io, erroneamente scambiata per sua moglie.

“Noi” in quanto “genitori” siamo stati mangiati dagli sguardi dei bambini, ancora più delle torte e dei dolci stessi.”