Una proposta di legge per rivedere i diritti dei figli adottivi

bambini_intorno_al_mondoLa Camera studia una piccola ‘rivoluzione’ in materia di accesso dell’adottato alle informazioni sulla propria origine e sull’identita’ dei genitori biologici. In commissione Giustizia si e’ avviato ieri l’esame di una proposta di legge, a firma del deputato Pdl, Maurizio Paniz, che modifica la legge n.184 del 4 maggio 1983, quella che disciplina l’adozione e l’affidamento dei minori.

La normativa vigente privilegia l’interesse della madre naturale stabilendo che, se al momento del parto chiede di non comparire sui certificati, l’accesso futuro alle informazioni sulla sua identita’ da parte del figlio e’ sempre precluso “fino a 100 anni” dalla nascita.

Se la richiesta di anonimato invece non e’ stata fatta, il figlio, compiuti i 25 anni, ha diritto a sapere chi e’ la madre, ma solo dietro autorizzazione del tribunale. E, al termine di un iter che comprende, tra le altre cose, che il giudice assuma informazioni di carattere socio-psicologico per appurare che l’accesso alle notizie non comporti “un grave turbamento all’equilibrio psico-fisico del richiedente”. Dunque, allo stato attuale, l’adottato, anche se adulto, non ha un diritto incondizionato a conoscere le proprie origini. Eccezioni sono previste solo “se sussistono gravi e comprovati motivi attinenti alla salute psico-fisica”.

Il testo di legge, di cui e’ relatrice la presidente della commissione, Giulia Bongiorno, modifica tali disposizioni e stabilisce che, nei casi normali, a venticinque anni di eta’ si possano comunque avere notizie sulle proprie origini senza necessita’ di procedere per via giudiziaria. Si abbassa poi il ‘tetto’ dei 100 anni, stabilendo che, in caso di madre che non voglia essere nominata, il figlio, fino al quarantesimo anno di eta’, possa interpellarla per ottenere il suo consenso e, dopo tale eta’, possa comunque avere diritto ad avere le informazioni richieste.

Nella relazione di accompagnamento della proposta si spiega che “in tal modo la durata del segreto, che gli adottati vivono come una grave menomazione del loro diritto all’identita’ personale, viene ridotta da cento a quaranta anni, cosi’ da tutelare anche le ragioni della madre che, alla nascita, abbia chiesto di non essere nominata”.

La relatrice, Giulia Bongiorno, nella sua relazione in commissione Giustizia alla Camera, sottolinea “l’estrema delicatezza” della proposta perche’, spiega, “si tratta di un tema che vede entrare in conflitto due interessi entrambi meritevoli di tutela: da un lato vi e’ un figlio che vuole conoscere le proprie origini naturali; dall’altro vi e’ una madre che ha fatto una scelta dolorosa ma che, molto probabilmente, proprio perche’ ha dovuto fare questa scelta, decide di partorire in strutture ospedaliere invece di abbandonare (come avviene in alcuni casi) il bambino”.

Bongiorno pero’ avverte: “Occorre verificare quanto sia possibile spostare il bilanciamento degli interessi a favore di quello del figlio adottato senza pregiudicare non solo il diritto all’anonimato della madre naturale, ma anche la ratio della norma che riconosce questo diritto”. E cioe’, favorire il parto in strutture ospedaliere, piuttosto che l’abbandono, che rischia di trasformarsi in infanticidio, o di un aborto clandestino.