«Kafala: come posso portare in Italia una piccola di 16 mesi?»

Sabrina scrive:
Mi permetto di scrivervi perché nel 2011 insieme a mio marito, francese, abbiamo ottenuto (attraverso la Francia dove eravamo residenti) l’affidamento via kafala di una bimba Algerina. La sentenza del tribunale algerino è già stata delibata in Francia senza alcun problema.
Ora però, dovendo rientrare in Italia, ci troviamo davanti a numerosi problemi burocratici: in Italia la kafala non è riconosciuta e soprattutto nessuno sa da dove si deve cominciare per poter regolarizzare la situazione della nostra bimba. Da ciò ne consegue che io non ho avuto fino ad oggi diritto ad usufruire del periodo di maternità come per le adozioni e non posso usufruire neanche del congedo parentale o di malattia per i primi 3 anni.
La bimba ha oggi 16 mesi e vi chiedo cortesemente se mi potete dire a chi posso rivolgermi per risolvere questa difficile situazione che sta creando non pochi problemi nella vita pratica (nonché amministrativa:  non può neanche essere iscritta all’asilo nido del mio posto di lavoro) e soprattutto affinché nostra figlia possa essere in regola. Vi ringrazio in anticipo per l’aiuto che potrete darmi.

Cara Sabrina,

da molto tempo ormai ci stiamo occupando del riconoscimento in Italia della kafala, misura di protezione dei minori propria del diritto islamico.

Pur essendo espressamente richiamata dalla Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia del 1989, ratificata con legge dall’Italia, a tutt’oggi non è ancora stato possibile trovare una forma di riconoscimento dell’istituto nell’ambito del nostro ordinamento.

Ciò accade perché il diritto islamico non ammette – per motivazioni di carattere storico-religioso – che possano venir meno i rapporti del minore abbandonato con la propria famiglia di origine, non autorizza cioè alcuna forma di adozione legittimante.

Molte sono state le ipotesi fino ad oggi avanzate per una definizione del problema, ma nessuna soluzione è stata trovata, con la conseguenza che molti minori provenienti da Paesi di diritto islamico non possono ancora trovare accoglienza in Italia.

È attualmente all’esame del Parlamento la legge di ratifica della Convenzione de L’Aja del 19.10.1996 sulla giurisdizione, la competenza, la legge applicabile, il riconoscimento e l’esecuzione dei provvedimenti in materia di potestà genitoriale e di misure di protezione dei minori che, tra l’altro, potrebbe finalmente condurre al riconoscimento della kafala attraverso una procedura di “consultazione” tra Paese di origine e Paese di accoglienza al fine di trovare la giusta via al riconoscimento.

L’Italia, già firmataria della Convenzione, non ha purtroppo ancora provveduto alla sua ratifica, pur essendo ormai trascorsi quasi due anni dalla data entro cui è stata chiamata a provvedere dal Consiglio dell’Unione Europea.

Il riconoscimento della kafala è proprio uno dei punti contenuti nel  progetto di riforma della Legge sulle Adozioni Internazionali che Ai.Bi. sta portando avanti. In particolare crediamo che quando la kafala sia disposta a favore di minori orfani risponda all’interesse del minore riconoscerla come affidamento preadottivo. Questa soluzione potrebbe risolvere situazioni come la vostra perché il giudice italiano, verificati caso per caso i presupposti, potrebbe pronunciare una adozione legittimante. Nelle prossime settimane, se lo desidera, avrà la possibilità di sottoscrivere il nostro manifesto contenente i principi della nostra Riforma.

Venendo al caso che le interessa, in attesa di una riforma della Legge l’unico rimedio possibile sembra essere la pronuncia di un’adozione in casi particolari della minore, per il tramite di un formale ricorso al Tribunale per i Minorenni competente.

In questo modo il rapporto giuridico che lega lei e suo marito alla bambina, sulla base di un provvedimento di kafala, potrebbe qui in Italia essere “rivestito” della forma giuridica che più è assimilabile all’istituto islamico, cioè ad un’adozione che non rescinde i legami con la famiglia di origine, ma aggiunge a questi dei nuovi rapporti parentali.

Avv. Paola Perrino, Ufficio legale e diritti dei minori di Ai.Bi. Amici dei Bambini