Accoglienza di massa contro accoglienza diffusa: dal business migranti all’integrazione basata su storie di vita

piccoli migranti“Falcon residence”, ovvero l’accoglienza di massa, contro l’accoglienza diffusa: due realtà  agli antipodi l’una rispetto all’altra. La prima rischia di diventare uno dei peggiori esempi di accoglienza-businessper richiedenti asilo: due cooperative siciliane l’hanno proposta alla Prefettura locale per ospitare, tutte insieme, 500 migranti, da alloggiare nell’ala disabitata di questo grande complesso residenziale semiabbandonato. Altre forme di accoglienza – come quelle della Tenda di Abramo, la piccola comunità gestita da Amici dei Bambini per dare ospitalità a massimo 20 persone – rappresentano esperienze diverse, basate su piccoli numeri, dove i migranti non sono solo numeri, ma storie di vita.

La diversità tra le due realtà è alla base di quanto sta accadendo a livello nazionale sul fronte dell’accoglienza dei profughi. “Lo Stato ha il problema di collocare migliaia di persone – spiega Diego Moretti, responsabile del progetto Bambini in Alto Mare di Ai.Bi. -: pertanto, le istituzioni tendono ad affidarsi anche a enti gestori che  privilegiano la quantità sulla qualità. È per questo che, se arriva la disponibilità di un ente pronto a gestire centinaia di posti, lo Stato non dice di no. E di questi enti ce ne sono tanti, perché quello dei migranti è sempre più un business: chi gestisce grandi numeri guadagna sicuramente di più rispetto a chi vuole gestire piccoli numeri, volendo garantire maggiori servizi”.

Ammassare esseri umani in strutture enormi costa inizialmente meno che offrire loro una giusta accoglienza. Quella giusta accoglienza che comporta un intervento specifico, per ogni migrante, nel suo processo di integrazione, a partire dal suo vissuto, dalla sua identità, dalla sua personalità, sia come singoli che come componenti di un nucleo familiare.

A iniziare dall’educazione alla salute e alla legalità e dall’inserimento lavorativo. Tra le donne ospitate da Ai.Bi. alcune, in passato, hanno subito l’infibulazione, sono state violentate e sfruttate o presentano problemi ginecologici. Gli operatori di Amici dei Bambini le accompagnano costantemente in ospedali e consultori. Allo stesso modo si agisce sul fronte della legalità, garantendo alle donne il rispetto dei loro diritti e agli uomini la possibilità di conoscere il mondo del lavoro locale. “E’ fondamentale – dice Moretti – il passaggio dal semplice assistenzialismo all’integrazione vera e propria. Come si potrebbero garantire questi servizi in un centro come quello che si vuole creare a Pero, con 500 migranti alloggiati tutti insieme?”.

È per questo che Ai.Bi. condivide e sostiene i punti delle “Carta della buona accoglienza”, redatte da Legacoop e Confcooperative, dalle quali si potrebbe prendere spunto per trasformare l’accoglienza da business a vero processo di integrazione.

Fondamentale, in questo quadro, è l’aspetto economico. “Una retta giornaliera di 32 euro (come quella imposta dall’esito provvisorio dell’ultimo bando della Prefettura di Milano) stanziata per ogni migrante non basterebbe a chi, gestendo piccoli numeri, vuole garantire servizi che assicurino la salute e la dimensione familiare dei migranti, in particolare dei bambini, tutelando la legalità”. Riuscire in tal senso permetterebbe a tanti piccoli e medi Comuni italiani di non “subire” più l’apertura di centri di accoglienza nel loro territorio.