Chernobyl, 30 anni di accoglienza con i soggiorni di risanamento. “Ce n’è ancora tanto bisogno, ma i numeri sono in calo”

istituto bielorussiaTrent’anni fa il più grave incidente nucleare di sempre, passato alla storia come “disastro di Chernobyl”. Quella tragedia portò la morte a migliaia di persone, subito o successivamente a causa delle radiazioni, ma scatenò anche una gara di solidarietà a favore dei bambini delle zone contaminate.

Per capire l’importanza di questa bella pagina di accoglienza, torniamo al giorno del disastro. Il 26 aprile 1986, durante un test di sicurezza, il reattore numero 4 della centrale – situata in Ucraina – esplose. La nube radioattiva sprigionata dall’incidente invase diverse aree dell’Europa. I Paesi più colpiti furono l’Ucraina, la Russia ma soprattutto la Bielorussia, dove si riversò circa il 70% delle sostanze radioattive espulse nell’atmosfera. I più esposti agli effetti nocivi delle radiazioni furono i bambini. Ma il mondo, estremamente scosso da quell’avvenimento, non li abbandonò. Nacquero così – nei primi anni ’90, in Italia e in altri Paesi – i cosiddetti “soggiorni di risanamento” presso famiglie disposte a ospitare temporaneamente i minori provenienti dalle zone contaminate.

A gestire questa grande macchina di solidarietà sono stati – e sono ancora – enti, associazioni e istituzioni. Che hanno coordinato il motore più grande: l’amore di tante famiglie che hanno aperto le porte delle proprie case. “L’Italia è stato uno dei primi Paesi a dare il proprio aiuto alla Bielorussia dopo il disastro di Chernobyl. Con i progetti di accoglienza temporanea sono arrivati in Italia oltre 500mila bambini, sottolinea Aleksandr Evgenievich Guryanov, Ambasciatore della Bielorussia.

“L’obiettivo di questi soggiorni – spiega Arena Ricchi, Presidente della Federazione AVIB (Associazioni di Volontariato Italiane per la Bielorussia) – è il risanamento fisico e psicologico. Dal punto di vista fisico trascorrere un mese in Italia consente ai bambini di ridurre la radioattività assorbita. C’è poi il risanamento psicologico, perché spesso si tratta di minori provenienti da istituti o da famiglie con dei problemi.

“Dall’incidente nucleare di Chernobyl sono passati ormai 30 anni, ma i soggiorni di risanamento continuano per i bambini di seconda generazione, che ancora oggi mangiano cibi contaminati – dice ancora Arena Ricchi – Purtroppo, però, i numeri dell’accoglienza sono sempre più bassi”.

Nonostante la necessità di ospitare bambini provenienti dalle terre contaminate sia ancora alta a distanza di 30 anni dal disastro, dagli anni 90 a oggi il numero di minori stranieri accolti temporaneamente in Italia è calato dai 36mila del 1996 ai 10.800 del 2015. A cosa è dovuto? “La crisi economica, ma anche un calo di attenzione sul ‘problema Chernobyl’”, spiega Sergio De Cicco, presidente dell’Associazione Puer.

 

Fonte: Rai News