Verso gli Stati Generali. Ecco perché lo Stato dovrebbe investire sull’affido famigliare. Con un’ottica sussidiaria

Risparmi per 383 milioni di euro rispetto al sistema delle comunità e di altri 195 milioni senza affidi “sine die”

Non solo l’Adozione Internazionale, ma anche l’affido famigliare dovrebbe rientrare tra i temi considerati nell’ambito degli Stati Generali, indetti dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte per definire la strategia dell’impiego dei fondi europei per il post Covid. Ne è convinta la vicepresidente di Ai.Bi. – Amici dei Bambini, Cristina Riccardi, per la quale “investire nell’affido famigliare di minori a discapito di un loro inserimento in comunità, con una riforma della gestione che preveda l’intervento del privato sociale accreditato, costituirebbe per lo Stato un notevole risparmio anche economico”.

Verso gli Stati Generali. Con l’affido famigliare oltre 380 milioni di euro di risparmi

Un risparmio che, stimando un costo medio giornaliero per mantenere un minore in comunità educativa di circa 95 euro contro i 20 di una famiglia affidataria, sarebbe quantificabile, qualora tutti i bambini attualmente in comunità potessero essere assegnati a famiglie affidatarie, in oltre 383 milioni di euro l’anno per le casse dello Stato italiano. Il calcolo si basa sui dati di una ricerca dell’Istituto degli Innocenti del 2017, per cui i minori ospitati in strutture erano 12.892 e quelli in affido famigliare 14.219, anche se tali numeri mancavano dei dati relativi a Molise e Sardegna e vanno quindi considerati in diffetto rispetto alla reale consistenza del fenomeno.

Ma non sarebbe questa l’unica fonte di risparmio. “Dobbiamo considerare – continua Cristina Riccardi – anche lo sforzo economico che lo Stato sostiene per quegli affidi che si protraggono oltre il termine di due anni previsto dalla legge 149/2001, e addirittura oltre la proroga di ulteriori due anni. Si tratta di quelli che possono essere definiti come ‘affidi sine die’, pratica che noi contestiamo vigorosamente, perché terminato il progetto personalizzato d’affido un bambino dovrebbe avere il diritto, qualora possibile, di tornare nella propria famiglia originaria e, se non possibile, di trovare una nuova famiglia disposta ad accoglierlo in adozione”.

Verso gli Stati Generali. Con stop ad affidi “sine die” altri 195 milioni di euro risparmiati

In tal senso, considerando che il 37,8% degli affidi, sempre in base ai dati del 2017, faceva riferimento a pratiche superiori ai quattro anni, se tutti gli affidamenti terminassero entro un periodo di quattro anni, il risparmio per le casse statali sarebbe di ulteriori 195 milioni di euro all’anno.

Naturalmente, in un’ottica sussidiaria, il riconoscimento di un ruolo al privato sociale accreditato sarebbe altresì importante. “La possibilità che il Terzo Settore eserciti sempre più un ruolo attivo nella progettazione degli interventi a favore dei minori e delle famiglie in difficoltà – prosegue Cristina Riccardi – prevede necessariamente che ci sia una definizione di alcuni criteri per l’identificazione di Enti specializzati ad operare in tal senso. Attualmente la legge 328/2000 prevede che le normative per l’autorizzazione al funzionamento e l’accreditamento di servizi in materia socio-sanitaria siano disciplinate a livello regionale. È plausibile la creazione di un diverso livello di accreditamento a seconda delle azioni che il privato sociale intende svolgere”.

“C’è poi – conclude la vicepresidente di Ai.Bi. – un ulteriore fattore da considerare. Oltre alle potenziali fonti di risparmio immediato, con meno comunità e più affidi si avrebbe probabilmente anche un risparmio ‘di lungo termine’, legato al fatto che, nel tempo, diminuirebbero le spese sociali legate al sostegno di adulti non autonomi. Un bambino che cresce in una comunità, infatti, ha sicuramente e purtroppo più probabilità, non potendo contare sul supporto di una famiglia, di sostegno anche nella fase di uscita dalla protezione istituzionale, quando cioè diviene un ‘care leaver’, oltre che successivamente”.