Lasciti. Come dare in eredità un immobile al proprio Comune?

Tutti i passi necessari per lasciare un proprio immobile a un ente istituzionale adibito ad attività di interesse sociale. Ma se ci sono i familiari?

Nel caso in cui una persona intenda lasciare un proprio immobile perché sia adibito allo svolgimento di attività di interesse sociale, a esempio, all’accoglienza e/o assistenza di persone, una delle soluzioni possibili è quella di scegliere un Ente pubblico locale e di lasciargli l’immobile in eredità vincolando il lascito al tipo di scopi assistenziali che si desidera vi siano svolti.
Per approfondire suggeriamo l’art. 5 del Codice del Terzo settore lettera a) (“interventi e servizi sociali ai sensi dell’articolo 1, commi 1 e 2, della legge 8 novembre 2000, n. 328, e successive modificazioni, e interventi, servizi e prestazioni di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 104, e alla legge 22 giugno 2016, n. 112, e successive modificazioni”).

Destinare un immobile al proprio Comune

Così, per esempio, si potrebbe destinare l’immobile al proprio Comune di residenza vincolandolo alle attività di supporto, sostegno, accoglienza e/o assistenza di particolari categorie di persone scelte in base alla sensibilità che ciascuno ha sviluppato, per qualunque motivo, rispetto a una o più problematiche di rilevanza sociale.
Sebbene in linea astratta questa operazione sia fattibile, per verificare se in concreto sia effettivamente realizzabile nei casi concreti è necessario fare una serie di verifiche.

Verificare i legami familiari

Il primo aspetto, come sempre, è quello di verificare se dal punto di vista dei legami familiari e della consistenza del patrimonio, il “testatore” (colui che vuole fare testamento) può davvero lasciare un immobile a chi desidera. In questa prima verifica rientrano le valutazioni sulle quote che obbligatoriamente spettano a coniugi e figli.
Sebbene quindi ogni persona sia libera di lasciare 1/3 del proprio patrimonio a chi vuole, è tuttavia necessario sapere, ad esempio, che in presenza di coniugi conviventi la casa familiare deve essere destinata all’uso da parte del coniuge superstite, che ha quindi diritto come minimo all’usufrutto finché resta in vita. È chiaro poi, che lasciare un immobile a terzi in presenza di parenti legittimari (cioè che hanno diritto a quote incomprimibili del patrimonio) sarà impossibile se quell’immobile non rappresenti la quota di 1/3 dell’intero patrimonio e a maggior ragione sarà infattibile se sia l’unico immobile di cui si abbia la proprietà.
Tutte queste prime verifiche sono da compiersi con la consulenza specializzata di un notaio di propria fiducia.

L’utilizzabilità dell’immobile

Una seconda e importantissima verifica da fare è quella relativa alla possibilità che l’immobile che si sia pensato di destinare alle attività descritte sia effettivamente utilizzabile in tal senso. È ben noto che ogni categoria svantaggiata ha necessità particolari e specifiche e in questo senso solo un Ente esperiente e specializzato nel tipo di assistenza a noi cara può valutare se effettivamente l’immobile si presti, per dimensioni, caratteristiche e conformazione, allo svolgimento delle attività che abbiamo immaginate al suo interno. Ci sono inoltre da molti anni diverse regole per la sicurezza che deve avere ogni immobile adibito ad attività che comportino l’accesso di un “pubblico” di utenti, sicché gli immobili destinati ad attività di interesse sociale in molti casi non possono avere, ad esempio, le caratteristiche degli immobili a uso di abitazione privata. La valutazione di fattibilità dei progetti immaginati è particolarmente importante perché se un lascito testamentario viene vincolato allo svolgimento di specifici progetti e tali progetti risultino irrealizzabili nell’immobile individuato, la conseguenza giuridica potrebbe anche essere quella dell’invalidità del lascito, specie ove formulato come lascito condizionato: l’impossibilità della condizione renderebbe nullo il lascito stesso.
Nell’ipotesi in cui, fatte tutte le verifiche del caso, il lascito fosse fattibile e così, nell’esempio fatto, il Comune ricevesse effettivamente questo immobile, saranno poi i responsabili e funzionari dell’Ente pubblico a compiere ogni adempimento e attività previsti perché i progetti scelti siano realizzati: quello che in questi casi accadrebbe è che l’Ente pubblico, mediante bando o altra modalità prevista per legge, conceda ad Enti del terzo settore l’uso dell’immobile al fine di realizzarvi all’interno le attività volute dal testatore.

Scegliere lo scopo sociale

Nei casi in cui l’immobile risultasse non utilizzabile o in altri casi che non è possibile prevedere con matematica esattezza, l’Ente proprietario del bene potrebbe anche decidere di vendere l’immobile e in quel caso, se si vuole che anche i proventi di una eventuale vendita siano vincolati allo scopo voluto, sarà necessario specificarlo nel testamento. Mentre, infatti, quando si fa un lascito direttamente a un Ente del terzo settore si sceglie lo scopo sociale indicato nello Statuto, gli Enti pubblici non hanno analogo vincolo, essendo la loro funzione diversa e più ampia. Solo lo Statuto di un Ente del terzo settore, e in particolare delle Fondazioni per lo scopo scelto dai fondatori, può dare una maggiore garanzia di aderenza nel tempo tra le attività compiute e lo scopo specifico previsto nello Statuto.

Domande e informazioni

Per ulteriori informazioni sui lasciti è possibile consultare la pagina dedicata del sito di Ai.Bi., scrivere alla mail lasciti@aibi.ito chiamare il numero 02.98822332.