Colombia, Juan di 10 anni: quell’abbraccio che non arrivava mai!

«A volte l’adozione la senti dentro da sempre. È un pensiero che nasce e cresce dentro di te, come se fossi pronta fin da quando sei nata». Queste le prime parole di Francesca, una giovane mamma adottiva che, insieme al marito Giulio, fin da studentessa e da fidanzata, quando vedeva al parco mamme e passeggini, fantasticava di avere un figlio tutto suo, venuto però da lontano. E ha finito per adottare Juan, piccolo e riflessivo colombiano di 10 anni.

Sentivate l’adozione “già vostra” da quando vi siete conosciuti?
Si, da quando ci siamo fidanzati. Io e Giulio abbiamo pensato che nella nostra vita volevamo compiere un atto d’amore, adottando un bambino meno fortunato.
Poi la vita non ci ha donato figli naturali, ed è stato conseguente per noi, da sposati, iniziare il cammino adottivo. Non sapevamo né immaginavamo quanto fosse lungo e difficile, ma ci sentivamo pronti ad affrontare ogni ostacolo, indistruttibili.
Per la scelta dell’ente, un momento delicato e molto importante; non volevamo valutarne troppi. Abbiamo conosciuto il nostro grazie al passaparola di una coppia che aveva adottato in precedenza, e abbiamo deciso così di partecipare all’incontro informativo. Conferire il mandato è stato semplice: ci siamo trovati davanti a persone molto umane, oltre che professionali.

…e da lì è partito il vostro lungo viaggio verso la Colombia per conoscere Juan.
Si, a giugno 2011 abbiamo avuto l’abbinamento con il nostro piccolo Juan. Eravamo felicissimi alla sola idea. Anche se era già grandicello, non abbiamo mai pensato di rinunciare a lui per via dell’età. Non ci siamo lasciati spaventare. Era già nostro figlio dal momento in cui abbiamo letto la sua scheda.

42 giorni in Colombia: ricordi, sensazioni, ansie?
Sono stati giorni intensi ma bellissimi. Siamo arrivati qualche giorno prima per ambientarci a quella che, per più di un mese, sarebbe stata la nostra vita. Le psicologhe ci hanno raccontato tutto delle problematiche di Juan, che viveva in una famiglia affidataria. Gli avevano parlato di noi. Infatti l’abbiamo incontrato che già non vedeva l’ora di conoscerci. Ci aveva scritto anche una lettera!

Il vostro primo incontro…?
Non saprei rispondere, se non in una sola parola. Gioia. Profonda gioia.
Ci sono stati comunque degli ostacoli, dovuti alla riservatezza e alla compostezza, quasi da soldatino, del bimbo. Juan era agitatissimo e intimidito; non riusciva ad esprimere fisicamente le sue emozioni. Giulio ed io, che la notte sognavamo il suo abbraccio, abbiamo dovuto aspettare giorni per averlo.
Poi però, quando lo abbiamo portato con noi, nel nostro alloggio, abbiamo vissuto lunghi giorni indimenticabili. Ha iniziato a darci confidenza, a sorridere e a incrociare spesso il nostro sguardo. Con il passare delle ore si è trasformato da soldatino a figlio.

Poi, finalmente, il ritorno in Italia.
Sì, dopo 42 giorni abbiamo portato Juan a casa. Era impaziente di conoscere la sua casa, i suoi parenti… non stava più nella pelle. Oggi Juan va già a scuola, ama stare con i suoi compagni e vediamo che per fortuna ogni giorno diventa più socievole, riesce a spezzare la propria timidezza.

L’iter adottivo lungo, un bambino grande, l’ansia del primo incontro: avete superato tanti ostacoli. Cosa direste alle coppie che come voi vorrebbero fare un’adozione?
Di andare avanti, sempre! Non abbiate timori, vivete in pieno tutte le emozioni e le ansie che l’iter vi farà scoprire e vi regalerà. Se vi propongono un bambino grande, non rinunciate alla gioia di un figlio. Lui diventerà parte di te, al di là dell’età.