Adozione. Come comunicare con il bambino adottato?

Tempo, dialogo, contatto fisico e gioco. Ecco i consigli di Anna Rossi, psicoterapeuta per costruire una relazione profonda con il proprio figlio adottivo.

La relazione con il proprio bambino adottato si costruisce nel tempo, nella quotidianità, condividendo tanti momenti insieme.

Il primo modo per stare insieme, per trovare un canale comune di comunicazione è il gioco: è importante che un genitore sappia giocare, inventare giochi per il proprio figlio, e ridere con lui mentre si sta giocando. Con il gioco si condividono tante cose, e si riescono ad insegnare tante regole e valori che per la famiglia possono essere basilari.

Un altro modo per comunicare con il proprio figlio è lo sguardo: sono bambini che spesso non sono stati visti né guardati. Lo sguardo fa capire che ci sei, che esisti, che sei importante per me: ti osservo, hai tutta la mia attenzione.

Un altro aspetto importante nella comunicazione con il proprio figlio adottivo è la vicinanza fisica, l’abbraccio, la carezza che vanno offerti al bambino, il quale a volte li cercherà affamato di contatto, altre volte li rifiuterà con timore o con sospetto, fino a quando si sarà affidato ai suoi genitori: offrire l’abbraccio è dare la possibilità di sentirsi contenuto, protetto, ma senza sentirsi costretto.

L’importanza del tempo e del dialogo

Un altro elemento da non sottovalutare nel comunicare con il figlio, è dedicargli tempo: passando del tempo con lui, gli stiamo dicendo io sono qui con te, tu sei importante, e gli altri impegni possono aspettare. È importante esserci, quando il figlio ha bisogno dei genitori.

Un altro aspetto essenziale è il dialogo che si instaura con il figlio: se da una parte è importante condividere regole e routine della famiglia, dall’altra è importante interessarsi ai pensieri e ai sentimenti del bambino, verbalizzando e discutendo delle emozioni che sono legate alle situazioni vissute nella giornata.

Alcune di queste attenzioni richiedono che ci sia una conoscenza della lingua italiana da parte del figlio, ma le attenzioni legate al gioco e alla comunicazione non verbale, e all’esempio che si può dare con il proprio comportamento, che può fare da modello per il bambino, possono essere utilizzati fin dai primi momenti di incontro con lui, quando ancora non c’è una condivisione della lingua.

Anna Rossi

Psicoterapeuta