Adozione Internazionale. 60 giorni in Sud America: “Ma come facciamo a stare via tutto quel tempo?”

Per adottare un minore di uno stato del Sud America è necessario trascorrere in questi luoghi un periodo lungo. Giorni irripetibili e importanti per conoscere il proprio figlio. Ce lo racconta Anna, psicologa Ai.Bi.

“Ma come facciamo a stare via tutto quel tempo?” è la domanda più frequente quando si propone agli aspiranti genitori un paese del Sud America. Infatti, la permanenza richiesta può durare anche oltre i 60/70 giorni.
Il lato organizzativo può essere anche più complesso, ma una volta risolto, alcune coppie continuano a sentirsi in difficoltà all’idea di stare via tutto quel tempo, lontani dai loro affetti, dalla loro casa, dalle loro sicurezze.
Essere in un altro luogo così lontano da casa può destabilizzare se non si è abituati al distacco e se si ha difficoltà ad adattarsi velocemente a nuove situazioni.
Sono necessarie la predisposizione all’adattamento, per apprezzare ciò che di nuovo e di diverso offre quel Paese, il desiderio di scoprire e conoscere, e la capacità di godere di tutti quei momenti che possono accadere.

Focalizzarsi sul motivo del viaggio: incontrare il proprio figlio

Per poter affrontare questo percorso, è necessario focalizzarsi sul motivo che ha portato la coppia lì: incontrare e conoscere il proprio figlio.
Restare nel paese del minore per tutto quel tempo dà un valore aggiunto all’incontro: il bambino può avvicinarsi ai nuovi genitori in punta di piedi, conoscerli gradualmente, e apprezzare il calore della famiglia nel suo ambiente, nei luoghi a lui conosciuti e rassicuranti.
Questo tempo di permanenza mette le prime basi di un rapporto genitori-figlio che si costruirà una volta arrivati in Italia.
È un periodo unico nella vita familiare, dato che si sta insieme senza la fretta e senza gli impegni quotidiani che caratterizzano la vita in Italia.
E non per ultimo, restare nel Paese del proprio figlio per un tempo abbastanza lungo, agevola la conoscenza della sua cultura così da poterla apprezzare e farla diventare parte integrante della propria famiglia.

Quando la meta è vicina

Verso la fine della permanenza, alcune coppie cominciano a fremere: vorrebbero anticipare la partenza e tornare a casa; dicono che non hanno più niente da fare lì.
In realtà, ci sono alcuni aspetti burocratici che devono essere seguiti e bisogna rispettare i tempi indicati dal Paese: l’Ente non può accelerare le procedure.
Eppure spesso i genitori cercano un modo per abbreviare questi ultimi giorni, vivendoli come un peso.
Ma spesso sono proprio gli ultimi giorni a dare una svolta positiva alla relazione con il figlio.
Si tratta di tempo dedicato alla nuova famiglia che si è creata, dove non si viene distratti da impegni di lavoro o altro, e ci si può dedicare alla famiglia creata, godendo di questa vicinanza e opportunità.
Non sempre è facile riempire queste giornate, per questo consiglio sempre di organizzarsi già in partenza con vari giochi o attività da proporre al figlio in casa o fuori casa, con fantasia e creatività, in base alle proprie attitudini e caratteristiche.
Il periodo della permanenza all’estero è un momento speciale che non tornerà più, il suggerimento è di approfittarne e gustarlo pienamente.

Anna Maria Elisa Rossi, psicologa Ai.Bi.

Informazioni e domande sull’adozione internazionale

Chi sta considerando un’adozione internazionale o semplicemente desidera avere maggiori informazioni a su questi temi, può contattare l’ufficio adozioni di Ai.Bi. scrivendo un’e-mail a adozioni@aibi.it