Adozione Internazionale. E se il bambino ci rifiutasse? La risposta della psicologa

Il bimbo adottato per sviluppare un’appartenenza dovrà prima sanare le ferite che porta dentro di sé

Dopo un’Adozione Internazionale, l’ingresso del bambino nella famiglia adottiva viene spesso considerato come il felice atto conclusivo di un cammino segnato da lutti, inquietudine e sofferenza da parte di entrambi i versanti. Un bambino adottato è però prima ancora un bambino deprivato di parte della propria storia e che dovrà, per sviluppare una autentica relazione di filiazione e di appartenenza, sanare le ferite che porta dentro di sé.

Ad ostacolare il processo di inserimento ci può essere una immagine di sé negativa, radicata nell’idea di aver meritato il proprio abbandono e di non essere quindi desiderabile e degno di amore; l’eventuale presenza pregressa di famiglia affidatarie o di esperienze adottive fallite può inoltre intensificare questa sensazione di smarrimento, di rifiuto, di inadeguatezza e di paura.

La vita ha riservato a questi bambini molto dolore: la loro più grande paura è proprio quella di lasciarsi andare ad un rapporto di fiducia. Spesso sono troppo arrabbiati per capire fino in fondo che cosa sta succedendo e per concedere la propria fiducia al primo arrivato. Hanno bisogno di sapere che seppure sopraffatti dalle emozioni, hanno di fronte due genitori che non lo sono, per cui possono finalmente contare su una base sicura.

Adozione Internazionale. Bambino e rifiuto dei genitori. Che fare?

Al primo incontro il bambino è carico di aspettative e paure, è importante fare il possibile per tranquillizzarlo. Per il bambino che sta per essere adottato, anche se informato del prossimo incontro con i genitori, mamma e papà sono degli estranei di cui diffidare viste le precedenti esperienze traumatiche subite. Il bambino avrà bisogno di sentire, di “vedere con i propri occhi” che lui è importante per qualcuno, che quegli adulti vogliono incontrarlo davvero e che per farlo sono disposti ad accettare anche la propria parte più sfiancante. Recuperare la memoria affettiva di quando si era bambini è utile per la coppia, così da calarsi meglio nei panni di loro figlio.

La lingua diversa rappresenta sicuramente una iniziale difficoltà di comunicazione ma ci sono diversi modi per trasmettere tranquillità come sorridergli, avvicinarsi con calma e in modo progressivo, abbracciarlo e accarezzarlo, porgergli un piccolo dono.

Anche se hanno inviato fotografie o dvd, se sono stati presentati nel migliore dei modi dagli operatori, i genitori sono in quel momento degli sconosciuti ed i bambini sanno che di lì a poco li seguiranno in un Paese sconosciuto, che parla una lingua sconosciuta, dopo un tempo variabile ma comunque breve; chi non avrebbe paura in questa prospettiva?

I bambini non hanno nessuna garanzia, hanno solo la speranza che i loro desideri possano realizzarsi. Occorre dare tempo al bambino di conoscerci e riconoscerci.

L’adozione costituisce una straordinaria possibilità di riprendere il processo di sviluppo lì dove si è dolorosamente interrotto a patto che il genitore adottivo sia consapevole che accogliendo un figlio generato da altri, prende sulle proprie spalle, il dolore di un fallimento del mondo degli adulti e di chi in particolare avrebbe dovuto prendersi cura di lui, consumato prima del proprio arrivo. Solo in questo modo potrà capire meglio i bisogni, le ansie e i conflitti di un bambino che aspetta solo di poter rinascere figlio e di riparare la dolorosa ferita dell’abbandono ingiustamente inflittagli.

In questo senso mettere alla prova si rivela uno strumento preciso ed efficace per sondare la solidità del terreno dove sono state trapiantate le radici: sfiancarvi con richieste, provocazioni, dispetti sottende il delicato e costante bisogno di essere rassicurati sul fatto che sono stati accettati in tutte le possibili espressioni, anche le più negative e che quindi non subiranno un nuovo abbandono.

Marina Gentile

Psicologa e psicoterapeuta – Ai.Bi. – Amici dei Bambini