Adozione Internazionale. È giusto cambiare nome ai bambini che vengono adottati?

In una realtà complessa come quella dell’adozione è sempre molto rischioso e improprio pensare in termini di giusto o sbagliato. Vi racconterò alcune storie che possono sollecitare riflessioni per fare la propria scelta giusta

In una realtà complessa come quella dell’adozione è sempre molto rischioso e improprio pensare in termini di giusto o sbagliato. Vi racconterò alcune storie che possono sollecitare riflessioni per fare la propria scelta giusta.

La storia di Moishe

Ho conosciuto nostro figlio insieme alle altre coppie che erano partire con noi. Era piuttosto piccolo ed è arrivato in braccio a un’assistente: aveva i capelli rasati, un corpicino esile, due occhi spenti e dei vestiti lisi, poco adatti al freddo della stagione. Ce lo hanno consegnato così, insieme ad un sacchetto di plastica che conteneva il suo pupazzetto preferito ed una maglietta che lui amava ciucciare prima di addormentarsi. La sua vita era tutta lì. Non possedeva nulla, solo il suo nome. Io e mia moglie abbiamo deciso di non cambiare il nome a nostro figlio, anche se la legge locale lo permetteva e le autorità ci esortavano quasi a farlo. L’atto del denominare è quel gesto sacro che dà l’identità. Non avevamo il diritto di cancellare la sua identità, l’unica eredità positiva di riconoscimento che aveva ricevuto.

La storia di Giovanni

Ero in un locale con alcuni amici, avevamo terminato da poco il liceo e ci godevamo le vacanze lunghe, quelle che difficilmente si ripeteranno nella vita. Una coppia mi è passata vicino e la ragazza ha chiamato il suo amico Johannes. Ho sentito un brivido percorrermi la schiena e ho avuto l’istinto di voltarmi. Ho provato un’emozione strana, come il ritorno di un ricordo che non avevo, una sensazione di familiarità. Sono stato adottato all’età di nove mesi. Non ho ricordi. Il mio nome mi è sempre piaciuto e non mi sono mai fatto troppe domande. Ma quando ho sentito quel suono, ho sentito che mi apparteneva. La mente non lo aveva registrato, ma le orecchie e il corpo sì. Ho capito che il nome è una questione di suono, quelle note che ti fanno vibrare a cui istintivamente ti viene di girarti.  

La storia di Dima

Abbiamo conosciuto nostro figlio quando aveva 9 anni. Lo abbiamo adottato tanti anni fa, prima della legge sulle adozioni. Una coppia di nostri amici aveva già adottato un bambino e noi cercavamo di mettere al mondo un figlio già da tempo senza successo. I nostri amici ci dissero che loro figlio aveva un amichetto rimasto in istituto, il quale gli aveva chiesto di trovare due genitori anche per lui una volta giunto in Italia. Ci è sembrata una chiamata. Siamo partiti e tramite avvocati abbiamo conosciuto Eugenio, il nostro futuro figlio. Quando siamo arrivati lui era grandicello, ma deciso ad avere una famiglia. Ci ha accolto con grande affetto. Si è attaccato subito a mio marito perché era appassionato di meccanica come lui e condividevano tanti giochi. Con me è stato più complicato, ma oggi di fronte a ogni problema ricorre alla sua mamma perché mi sente come un solido punto di riferimento. Quando è venuto in Italia ha voluto scegliersi un nome italiano e noi lo abbiamo assecondato, da quel momento è diventato Eugenio. Durante l’adolescenza è iniziato un periodo critico. Ha cominciato ad andare male a scuola, laddove aveva sempre ottenuto buoni voti pur avendo fatto tanta fatica iniziale. Ha interrotto lo sport e si sono spenti i suoi sogni sul futuro. Un giorno veniamo chiamati dalla scuola perché un suo coetaneo aveva sorpreso Eugenio a procurarsi gravi atti di autolesionismo. Siamo rimasti scioccati. Non capivamo cosa stesse accadendo. Abbiamo così deciso di consultare uno psicologo. Dopo un po’ di sedute, che hanno coinvolto anche noi genitori, Eugenio con grande sofferenza ha urlato il suo dolore: “Io non so più chi sono, ho provato ad essere italiano come voi, ma io sono diverso. Ho sperato in una nuova vita ma ho tanti ricordi che mi inseguono, e poi rivoglio il mio nome, perché me lo avete cambiato?”

Ce lo aveva chiesto lui, come pure di fare arti marziali, lo sport di mio marito da piccolo. Solo ora comprendo che lui inconsapevolmente cercava di inseguire l’illusione di lasciarsi dietro il passato e di far piacere a noi genitori. Ora so che non dovevamo solo dargli una vita nuova, ma aiutarlo a sopportare anche quella passata. Dimenticare cancellando non è mai una soluzione. Dopo aver concluso un lungo processo di elaborazione, da poco abbiamo cambiato i documenti inserendo il doppio nome Eugenio Dimitri. Nostro figlio preferisce alternare i due nomi a seconda dei contesti. In realtà, raramente usa il nome ufficiale Dimitri. Preferisce il nomignolo Dima, con cui è stato sempre chiamato, perché oggi lo sente pronunciare con amore.    

La storia di Míng jié 

Abbiamo adottato nostro figlio in Cina. Il suo nome originario con caratteri occidentali è Míng jié. Memori dei corsi seguiti presso l’Ente eravamo decisi a mantenere il suo nome nel rispetto della sua identità. Siamo quindi rimasti spiazzati quando nel corso delle procedure burocratiche ci hanno chiesto di scegliere un nome italiano. Non volevamo assolutamente cambiarlo, ma abbiamo dovuto trovare un compromesso. Abbiamo affiancato a quello cinese il nome italiano Michele, il nome vagamente più simile alla pronuncia del suo nome cinese. Indubbiamente Michele ha semplificato molto l’appello scolastico. Nostro figlio dice che colui che pronuncia meglio il suo nome cinese è il nonno. Ancora non sa che il nonno dice semplicemente Michele in dialetto! Nostro figlio è felice, dice che il suo nome in fondo è come lui, sia cinese, sia italiano.  

Dott.ssa Monica Tomassoni psicologa di Amici dei Bambini

 

Informazioni e domande sull’adozione internazionale

Chi sta considerando un’adozione internazionale o semplicemente desidera avere maggiori informazioni a su questi temi, può contattare l’ufficio adozioni di Ai.Bi. scrivendo un’e-mail a adozioni@aibi.it