Adozione Internazionale. Mosca. “Andrej non obbediva, scappava da tutte le parti. Di fatto ci stava mettendo alla prova come genitori”

Nevicava, era ora di cena, era buio. Lui ci aspettava sulla porta dellistituto con un sacchetto della spesa in mano, dentro c’erano una tuta e alcuni giochini che gli avevamo portato nei viaggi precedenti.

‘Mamma, papà, si va a casa?’ ci disse”.

Marco e Antonella ricordano con questa immagine poetica e commovente il giorno che, per chi adotta in Federazione Russa, significa la fine dei viaggi da e per l’Italia, delle molte incombenze burocratiche, dello strappo emotivo che si genera quando si lascia il proprio figlio con la promessa di tornare per l’ultima volta.

Hanno atteso molto prima di incontrare loro figlio e come tutti i genitori di bambini originari di questo Paese hanno provato la fatica, la sofferenza e la gioia ad intermittenza durante e dopo i tre viaggi previsti dalla procedura.

Solo chi è passato attraverso liter adottivo può davvero capire cosa significa tutto questo – racconta Antonella, che con il marito si è affidata alle sedi di Ai.Bi. di Firenze – La prima chiamata dall’ente arrivò nel giugno 2018 e partimmo in settembre per conoscere il bambino. In istituto, nella regione dell’Udmurtia, la direttrice ci lesse la scheda che conteneva informazioni scarne su Andrej e sulla sua storia. A un certo punto si aprì la porta, ci voltammo e capimmo subito che era entrato nostro figlio”.

L’emozione della prima volta che abbiamo incontrato nostro figlio

Il primo incontro, sempre carico di emozioni contrastanti, fu di abbracci e sorrisi, di curiosità e immediato attaccamento di Andrej al padre. “All’inizio e per diverse settimane Andrej mi escludeva – precisa la mamma – poi tutto questo è cambiato e ancora oggi è molto attaccato a me. Continua a ripetermi: ‘Sei tu la mia mamma, per sempre?’”

 Andrej aveva 7 anni e mezzo quel giorno di gennaio di un anno fa, quasi un’immagine iconografica dell’inverno da romanzo russo.

Dal secondo al terzo viaggio il bambino era cambiato e cresciuto: aveva davvero capito che la vita per lui sarebbe cambiata per sempre.

Quando andammo a trovarlo dopo la sentenza, nel corso del secondo viaggio – ricorda Antonella – Andrej ci aveva detto di essere contento di stare con noi, di essere nostro figlio, ma non voleva lasciare la Russia. Eravamo sollevati da un lato e preoccupati dall’altro perché da lì a poco tempo saremmo tornati per portarlo in Italia”.

Nel frattempo il lavoro delle psicologhe dell’istituto non si era fermato: aveva colto l’occasione di quelle settimane per preparare Andrej a tornare figlio. Dall’Italia, mamma e papà si alternavano in videomessaggi e chiamate per mantenere il contatto e rassicurare il bambino.

Arrivarono il giorno della partenza, la vigilia di Natale, e, finalmente, l’ultimo ingresso in istituto: “Quella sera lo portammo con noi in albergo, contenti della sua felicità di partire, contenti per noi tutti che finalmente ci eravamo ritrovati. Non sapevamo ancora che ci attendeva invece una settimana difficile a Mosca – ricorda il papà – Andrej non obbediva, scappava da tutte le parti, era ingestibile”. Di fatto stava mettendo alla prova i genitori: arrivati in Italia, il bambino manifestò subito la sua felicità.

Cosa può fare l’amore di una mamma e un papà!

Oggi Andrej ha 9 anni ed è ancora il bambino vivace che correva per le strade di Mosca, ma la sua esuberanza è tipica di chi è felice e amato e vive con spensieratezza i sui giorni.

E’ in salute, confermano i genitori, e i segni lasciati all’istituto – quel ritardo nello sviluppo mentale e motorio che si legge nelle schede – si stanno attenuando. E’ cresciuto 12 centimetri in un anno e ha preso peso, pur restano un ragazzino longilineo. Ora il bambino sta frequentando la terza elementare ed è ben inserito nella classe.

E pensare che all’inizio non voleva andare perché temeva di essere preso in giro per le sue orecchie  – dice Antonella sorridendo – voleva sempre mettere un cappello per coprirle, sono leggermente a sventola. E’ bastato far crescere un po’ i capelli invece che tagliarli cortissimi come facevano in istituto!”.

 Coccolato dai cugini di 15 e 26 anni, Andrej si definisce oramai “italiano” non vuole per il momento affrontare la sua storia passata, che lo ha portato a vivere alcuni anni in istituto dopo altrettanti nella famiglia biologica.

 “L’adozione è una esperienza bellissima – concludono i genitori – che amiamo condividere con altre famiglie adottive. Come ci hanno sempre detto in Ai.Bi, l’adozione può essere raffigurata come un tunnel, che piano piano ti permette di vedere la luce”.

In Russia in questo momento ci sono tantissimi bambini abbandonati che aspettano una mamma e una papà, ma le coppie adottive sono, purtroppo, sempre di meno…

Le nostre famiglie raccontano la loro storia per lanciare un messaggio di speranza: “Oggi adottare un bambino non solo è ancora possibile, ma deve assolutamente essere fatto!”